12 marzo 2015

Oltre i valori non negoziabili?

Lo scorso 17 novembre il Papa ha accolto in Vaticano, esponenti di molte religioni: cattolici, protestanti, ebrei, giainisti, mormoni, musulmani, per non parlare dei sikh, indù e buddisti, un mese dopo il famoso sinodo dei vescovi sulla famiglia. Hanno condiviso le intuizioni delle loro tradizioni di fede sul significato di questa cosa chiamata sesso. Il Papa, nell’accogliere i vari rappresentanti religiosi, ha condiviso le sue preoccupazioni del vivere in una cultura sempre più relativistica, nella quale sempre più persone semplicemente rinunciano a una cultura del matrimonio come impegno pubblico. Questo grande cambiamento viene portato avanti sotto l’insegna della libertà ma nella realtà dei fatti, ha portato una devastazione spirituale e materiale per tantissimi esseri umani in special modo tra i più poveri.
Come si erano svolti i lavori del sinodo sulla famiglia appena un mese prima?
Il contributo del prof. Pino Lucà Trombetta, dell’università di Bologna e responsabile GRIS, sulle pagine di questo giornale, mette in luce come si sono svolti i lavori. Il prof. Lucà fa un’ampia analisi delle varie posizioni emerse all’interno del Sinodo dei Vescovi. È sui temi etici “non negoziabili”, infatti, il dibattito si è sviluppato in modo del tutto nuovo.

 

di Pino Lucà Trombetta*
Il Sinodo sulla famiglia voluto da papa Francesco, per il modo stesso con cui si è deciso di affrontare il tema famiglia e sessualità rappresenta un’inversione di tendenza rispetto al passato; già a partire dal Documento preparatorio e dal Questionario in cui si chiedeva alle diocesi di esprimersi su temi fino allora considerati tabù. Lo stesso Papa, all’apertura del sinodo, invitava ad esprimersi senza il timore di contraddire la dottrina o di pensarla in modo diverso dal Papa.
Anche se può apparire ovvio invitare le persone a esprimersi in libertà, ciò non era affatto assodato nella Chiesa in tema di famiglia e sessualità. Questi temi erano stati in certo senso “blindati”, soprattutto a opera dei due predecessori di Francesco, che legavano l’etica sessuale alla cosiddetta “legge naturale”. Matrimonio indissolubile; tutela della vita; sessualità procreativa; sono alcuni pilastri di quella “legge” dalla quale venivano derivati divieti – di aborto, eutanasia, contraccezione, divorzio, omosessualità, libera convivenza, masturbazione, sessualità fuori dal matrimonio – che, perché scritti nella “natura”, erano considerati inderogabili, indipendentemente dalle contingenze storiche, culturali o personali. Su tali principi e sulla morale che ne discende la Chiesa aveva posto un sigillo considerandoli “non negoziabili” e sottraendoli di fatto al dibattito. “Legge naturale” e “Valori non negoziabili” hanno così definito l’identità che la Chiesa si è data nei confronti dei propri fedeli, nel dibattito culturale e nel confronto con lo Stato. Tutto ciò va tenuto presente per valutare la svolta di Francesco, che si è espressa in alcuni passaggi.
Il questionario
Innanzitutto, il questionario. Inviato nel Novembre 2013 alle diocesi cattoliche, esso non dà più per scontato che la dottrina su famiglia e sessualità sia adeguata a rispondere alle esigenze emergenti dalla società; al contrario, vuol capire in che misura i cattolici la accettino e se il concetto di “legge naturale” che sta alla sua origine sia compreso. Inoltre, prendendo atto della realtà familiare e sessuale – sempre più caratterizzata da divorzi, libere convivenze, divorziati risposati, figli fuori dal matrimonio, fecondazioni artificiali, coppie gay anche con figli – pone domande che sembrano invitare all’accoglienza: quali sfide queste realtà pongono alla Chiesa? Come si possono accogliere i risposati? Quali sfide pongono gli omosessuali, soprattutto con figli? Infine, invita a esprimersi su uno dei capisaldi della morale sessuale cattolica mai messo in discussione: l’Humanae Vitae di Paolo VI del 1968 che proibisce la contraccezione, vincolando la sessualità ai fini riproduttivi e prescrivendo che l’atto sessuale si svolga sempre “secondo natura”. Tale dottrina – si chiede – è compresa e accettata dai cattolici?
Al di là delle risposte, di cui dà conto l’Instrumentum Laboris (elaborato dalla Segreteria generale del Sinodo e pubblicato il 26 giugno 2014) è l’idea stessa di un questionario su questi temi ad essere rivoluzionaria: nel senso che ribalta una prassi che sembrava immodificabile.
La relazione Kasper
Il secondo elemento di rottura è la relazione introduttiva al concistoro straordinario sulla famiglia del Febbraio 2014, che avrebbe costituito la piattaforma programmatica del Sinodo di Ottobre, affidata dal papa al cardinale Walter Kasper. In essa si affermano principi che, se accolti alla fine del percorso sinodale nel prossimo autunno, potrebbero portare a sostanziali innovazioni. Il punto di partenza è la costatazione di quello scisma silenzioso di cui da tempo parlano gli studiosi del mondo cattolico derivante dall’abisso (parola adoperata nel documento) esistente fra la dottrina proclamata dalla Gerarchia e i vissuti e le convinzioni dei cristiani. Tale abisso, si riconosce, non può essere colmato, come si è fatto fin qui, con sforzi pedagogici, volti a inculcare gli stessi principi immutabili. La dottrina – scrive Kasper – non deve essere una “laguna stagnante”: oggi è giunta a un punto critico ed esige di essere “continuata e approfondita”. E ciò va fatto partendo dal suo centro: la dottrina della “legge naturale” cavallo di battaglia dei papati precedenti. Questa, afferma Kasper, non è adatta a dare risposte su questioni concrete. “Per quanto utile, il diritto naturale rimane generico e, quando si tratta di questioni concrete, ambiguo”. Il Cardinale propone quindi un ripensamento. Il diritto naturale non va inteso come una “legge” da cui derivano regole e divieti ma come una “regola aurea – indicata da Cristo stesso – che impone di rispettare l’altro come se stessi”. Riportata a questa dimensione essenziale e non prescrittiva “il diritto naturale” può essere utile nel “dialogo con tutte le persone di buona volontà”.
Il documento prende atto della crisi del matrimonio cattolico e della proliferazione di separazioni e convivenze. Come valutare questa realtà? Kasper esprime qui un principio che stravolge la dottrina ufficiale: il principio di gradualità. Il modello cattolico di famiglia e di sessualità rimane immutato, non però come un’imposizione, ma come un ideale cui ciascun individuo si avvicina secondo le proprie possibilità: “Non significa gradualità della legge, ma gradualità, cioè crescita nella comprensione e nella realizzazione della legge del vangelo, che è una legge della libertà”. La rottura col passato è radicale. Questo principio permette di apprezzare esperienze affettive, come le convivenze, unioni di fatto, etero o omosessuali, tradizionalmente viste come depravazione e peccato, se vi siano in esse valori di responsabilità, dedizione, fedeltà; gli stessi presenti nel modello ideale, anche se in diverso grado.
L’introduzione del principio di gradualità viene giustificata richiamandosi al Concilio Vaticano II che lo introdusse nel rapporto della Chiesa con le altre religioni. Queste non dovevano più essere considerate diaboliche ed eretiche, negando la salvezza ai loro seguaci (extra ecclesiam nulla salus) perché in ogni religione – si ammetteva – si possono rintracciare elementi positivi. C’è quindi gradualità. La Chiesa rimane il modello, non però prescrittivo, poiché si può giungere alla salvezza anche in altri modi. Perché si chiede Kasper (e probabilmente il Papa con lui) non possiamo applicare lo stesso principio al matrimonio?
La Relazione intermedia
Il terzo documento che contiene forti elementi d’innovazione è la Relazione intermedia scritta, a conclusione della prima settimana di lavori, dal cardinale Péter Erdo che valorizza gli elementi di “apertura” emersi nella discussione sinodale. Essa accoglie il principio di gradualità presente nel documento Kasper e ne trae conseguenze per la pastorale. Innanzitutto nei confronti delle “famiglie ferite” e delle “situazioni irregolari”; quindi: seconde nozze, convivenze, omosessualità. Queste, si sostiene, vanno valutate in base alle virtù eventualmente presenti e non alla distanza dal modello cattolico “apprezzando più i valori positivi che custodiscono, anziché i limiti e le mancanze”. Se l’unione raggiunge stabilità, c’è affetto, impegno reciproco, genitorialità, essa va valutata positivamente e “accompagnata”.  Lo stesso vale per le unioni omosessuali: “Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana”. Non solo non vanno condannate, ma bisogna ascoltare ciò che hanno da dire. L’omosessualità si trasforma così da comportamento aberrante e contro natura in una “sfida educativa” che mette alla prova la dottrina.
L’attacco più profondo alla tradizione è però portato introducendo la dimensione temporale. La “legge naturale”, base della morale sessuale della Chiesa, è stata fin qui presentata come eterna e immutabile, perché scritta nella natura e non nella cultura. Ma, si osserva nella Relazione intermedia, se da un lato è vero che la famiglia è una forma necessaria e universale della convivenza presente in tutte le società e, per questo, si può dire faccia parte della natura umana, dall’altro essa si dispiega in modi diversi, nelle espressioni storiche e culturali. Il modello cattolico (monogamia, fedeltà, indissolubilità, sacramento) va riaffermato, ma non in senso prescrittivo. Nell’esperienza concreta ciò che conta non è l’ideale, ma il contesto, sociale e personale in cui può essere vissuto. Pur ribadendone la validità, il modello cattolico di matrimonio è in certo senso relativizzato, ammettendo l’esistenza di altre forme di famiglia, legittime se considerate nel loro ambiente. Applicata alla condizione contemporanea si potrebbe dedurre che la successione di più famiglie nella storia di molti individui non è necessariamente segno di depravazione personale e decadimento morale della società. Potrebbe essere una nuova e duratura modalità familiare, determinata da specifiche circostanze – crisi del patriarcato, emancipazione femminile, desiderio di autorealizzazione, visione non punitiva del sesso – che non va condannata di per sé, ma valutata in base all’amore, responsabilità, genitorialità che essa eventualmente include.
La relazione finale
Il documento finale del Sinodo (Relatio Synodi) del 19 Ottobre 2014, ridimensiona le “aperture” implicite o esplicite presenti nel Documento preparatorio, nei documenti di Kasper e di Erdo. Per rendersi conto della distanza fra le posizioni degli “innovatori” e dei “tradizionalisti” può essere utile il confronto fra alcune espressioni delle due Relazioni (intermedia e finale).
Nell’indice del documento finale scompare il concetto di gradualità. La voce, lo sguardo su Gesù e la gradualità nella storia della salvezza è sostituita da: lo sguardo su Gesù e la pedagogia divina nella storia della salvezza. Ribadendo che ciò che serve non è innovazione ma ulteriore sforzo di indottrinamento (pedagogia)
Nel caso degli omosessuali, alla voce accogliere le persone omosessuali si sostituisce: attenzione pastorale alle persone con orientamento omosessuale; abolendo quindi il concetto di accoglienza e quello di persona omosessuale, confinando l’omosessualità in un orientamento. Più avanti, all’espressione le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana si oppone: non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio.
Viene soppresso il tentativo di storicizzare la visione cattolica del matrimonio, eliminando nella relazione finale l’espressione; la visione cristiana della famiglia, si dispiega a livello storico, nelle diverse espressioni culturali e geografiche e opponendo ad essa la persistente validità degli insegnamenti dei Papi: Paolo VI e Giovanni Paolo II. Viene cassata l’idea che nelle coppie “irregolari” vadano apprezzati più i valori positivi che custodiscono, anziché i limiti e le mancanze ribadendo che; pur affermando con chiarezza il messaggio cristiano, indichiamo anche elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più ad esso. Cioè le situazioni irregolari rimangono illegittime: non hanno “valori positivi” ma solo “elementi costruttivi”, da valutare in relazione al “messaggio cristiano”.
Non si tratta di sfumature linguistiche. Le differenze nei due testi manifestano un conflitto che ha come posta il superamento della dottrina tradizionale. La Chiesa ha molto investito sulla “legge naturale” e su “valori non negoziabili” a-storici e vincolanti per tutti. Il tentativo di Francesco di introdurre un’etica contestualizzata, attenta alle differenze culturali e alle soggettività, ripreso nei documenti preparatori e intermedi del Sinodo, ridefinisce l’identità che la Chiesa si è data negli ultimi decenni e non sarà facilmente accettato.
* (giuseppe.luca@unibo.it) Università di Bologna e GRIS

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