30 marzo 2015

La dignità umana fa parte del nostro comportamento sociale?

Lo pensava così il pilota tedesco che si è schiantato nell’Alta Provenza?

di Franco Previte
Ancora una volta la “mannaia” della mente sconvolta ha colpito innocenti, ancora una volta “qualcuno” deve rispondere alla propria coscienza, ancora una volta dobbiamo “sentirci” impotenti innanzi a quelle orribili notizie che provengono dalle Alpi Francesi, dove Andreas Lubitz, il copilota alla guida dell’Airbus della Germanwings si è schiantato deliberatamente su quelle montagne dell’Alta Provenza con 149 persone a bordo!
Tutti noi dobbiamo mantenere sempre vigile la n/s attenzione e il nostro senso di responsabilità che non deve essere carente, specie oggi, nella consapevolezza del recupero di quelle doti morali che attestano il vivere dell’uomo, che vive con un vuoto interiore e con un relativismo davvero spaventoso e aberrante.
Quel giovane pilota, pare, soffrisse della sindrome da Burnout (che significa essere bruciati, esausti, scoppiati) che è la conseguenza di un processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano professioni di aiuto, logoramento, improduttività lavorative sul tipo di Sacerdoti, Pompieri, Cassieri, Piloti, cioè di chi è quasi sempre in stasi di affaticamento.
Questi “rilievi” di natura psichiatrica sono parole quelle che sentiamo spesso, attuali, in occasione di episodi di lucide follie, anche se sono indirizzate e riflettono una situazione sociale che incombe sulla società in genere, ciò non di meno coinvolge la solidarietà sociale, principio altamente etico che ogni uomo deve sostenere.
Quanto è successo a quel giovane pilota e questo triste “episodio”, ci ha lasciato un po’ turbati, non tanto per l’avvenuto, ma poiché quel giovane in condizione di parziale grado di offuscamento mentale è stato coinvolto, scientemente o no, in quel “fattaccio”.
Non voglio entrare nel merito di questo “avvenimento”, ma la logica c’induce a dedurre che quel giovane nel suo fare, ha espresso, come ci dicono i mass media, una menomazione funzionale, un’infermità di disabilità già riconosciuta, che gli impediva l’inserimento nella vita lavorativa, inabile a vivere in mezzo agli altri, privato del diritto a interagire con il mondo e con altre persone.
Quel “misfatto”, considerato un normale gravissimo fatto di cronaca nera, non potrebbe essere giustificabile verso quelle persone che, attraverso “cavilli legali”, poi godono dell’imputabilità del reato, che non è quello delle montagne francesi.
Ma se quel “gesto” viene da un “malato” accertato di disordine psichico, come avviene da tempo anche in Italia, allora è scandaloso non porre rimedio in quanto già si conosce quel “difetto” e nel suo insieme desta un senso di incomprensione e di ribellione, per il ritardo a non valutare queste situazioni di mancata assistenza psichiatrica.
Comunque quell’“episodio” è la strada che risalta incompresa i valori della giustizia, della solidarietà, dell’equità, delle pari opportunità, ma dimostra “necessità” che dovrebbero far capire le priorità assolute.
Anche se l’espressione “dignità umana” è diventata la parola della modernità e della “moda”, è tematica ricchissima e complessa il cui fine è la promozione e la difesa della dignità dell’uomo, di ogni uomo dal concepimento alla morte naturale, promuovendo una cultura della vita che dia un fondamento di amore all’intera società.
Le famiglie, incolpevoli, prendono atto di un bilancio sociale alquanto deludente, anche proveniente dai vari gradi d’insensibilità dei rappresentanti della vita pubblica, non proprio elogiabili, soprattutto nell’osservare il disinteresse delle Istituzioni, invece di “guardare” verso il mondo della sofferenza e della disabilità per perseguire quegli sforzi atti ad assicurare benefici che non lesinano l’inalienabile dignità della persona umana.
Ai nostri governanti vogliamo di che quei benefici fanno parte di quei diritti che dovrebbero essere riguardanti i disabili fisici e gli handicappati mentali, oggi carente da ben 35 anni di una legge-delega che riformi l’assistenza psichiatrica e dia giustizia.
Ai nostri governanti vogliamo ricordare che nell’opinione pubblica persiste intenso il timore di perdere quei diritti sociali condensati nel rispetto della persona umana, anche se, una progressione di “esternazioni” di “ricorrenze” di “episodi” non bene definibili vanno affermandosi, come nel caso di quel giovane pilota tedesco.
Quello che ci meraviglia, non è il comportamento degli Organi di Tutela, ma dall’incedere di questi moltissimi episodi quasi giornalieri, dove l’origine dell’avvenimento viene da menti psichicamente malate e che dalle Istituzioni sono ritenuti un semplice fatto di cronaca e non sono considerati e ritenuti un dovere e una necessità da incarnare in un provvedimento protettivo.
Questi “fatti”, Signori della Politica, del Parlamento, del Presidente del Consiglio dei Ministri, fanno emergere guasti profondi nell’essere umano costituente un problema sociale di proporzioni che la comunità civile non deve eludere e che ci devono indirizzare anche verso i n/s concittadini!
Purtroppo la vita quotidiana è anche segnata da “conseguenze”, “fatti”, “misfatti” che impediscono di percorrere anche la strada dei valori etici, come quell’episodio del pilota e quelle “situazioni” invocate sono rivolte per leggi di riforma, che non devono guardare il colore della pelle o la condizione del cittadino che necessita di tutela della propria salute, ma occasione da non volgere lo sguardo ad altre parti come fanno le Istituzioni imperterrite nel loro comportamento.
Quel triste episodio evocato all’inizio del nostro dire, sul quale si deve distendere un velo di pietà, sia d’esempio ai nostri Governanti perché si sveglino dal letargo verso le necessità del mondo della sofferenza e della disabilità.

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