13 marzo 2015

Giustizia e libertà, giustizia o libertà

Giustizia e Libertà: due grandi ideali irrealizzabili contemporaneamente. Se non si prendono in considerazione altri valori più alti. E della necessità per la classe politica di ritrovare la propria spiritualità per uscire dal tunnel.


di Antonio Ciacciarelli

Il gruppo di esuli antifascisti che fondò a Parigi, nel 1929, il movimento politico Giustizia e Libertà, compì senz’altro un’opera meritoria, basata su una visione delle cose davvero elevata e condivisibile: non solo lavorare per abbattere il fascismo, ma preparare l’Italia alla transizione verso un nuovo regime democratico, libero e giusto. Lo stesso vale per le brigate partigiane con identico nome che nacquero in Italia dopo l’8 settembre del ’43.
Ma è davvero possibile realizzare una società completamente libera e completamente giusta? Se vogliamo crearla solo sulla base di questi due elementi e prescindendo da qualsiasi altra considerazione, la risposta è un chiaro e forte no. Eppure credo che ben pochi, leggendo le parole «Giustizia e Libertà», arriccerebbero il naso; ben pochi penserebbero che gli ideali che quelle parole rappresentano siano irrealizzabili; quasi tutti affermerebbero che, con il trascorrere del tempo, alla fine potremmo ottenere un mondo libero e giusto. E invece no, non è possibile. Ripeto, non è possibile creare una società libera e giusta fondata solo sugli ideali di giustizia e libertà. E ciò per un motivo molto semplice: giustizia e libertà sono una antinomia, sono cioè due termini che si escludono a vicenda. In altre parole, per costruire una frase sensata, dovremmo dire «giustizia o libertà».

Giustizia e libertà: due estremi contrapposti
Questi due ideali stanno infatti come ai due estremi di un cursore. Immaginiamo un cursore di quelli disponibili ad esempio sui programmi di grafica, che regolano due proprietà opposte, come nella foto 1: per esempio, se porto il terzo cursore tutto su «Giallo», otterrò una forte predominanza del giallo nell’immagine; se lo porto tutto su «Blu», otterrò una forte predominanza del blu. Non posso avere contemporaneamente una predominanza di giallo e di blu: posso avere solo un bilanciamento tra le due qualità, in base alle mie esigenze.
Giustizia e libertà, per come è fatto oggi l’uomo, sono un’antinomia e possono essere «regolate», dai vari regimi politici, più verso l’una o più verso l’altra, ma non possono essere mai, mai ottenute contemporaneamente in modo completo. Per come è fatto oggi l’uomo, se una società vuole essere giusta deve promulgare delle leggi che impongano questa giustizia, negando di fatto la libertà. Se invece vuole essere libera deve eliminare qualunque restrizione alla libertà; cosa che evidentemente, sempre considerando la natura attuale dell’uomo, porta inevitabilmente a storture e ingiustizie.
Per fare un esempio piuttosto chiaro, prendiamo i due regimi che più hanno cercato di incarnare queste due caratteristiche: il comunismo e il liberalismo, per semplificare URSS e USA. Nell’URSS è stata posta enfasi sulla giustizia: tutti uguali, e tutti – idealmente – con le stesse risorse. Negli USA l’enfasi è stata posta sulla libertà: ognuno fa quel che vuole, e ognuno determina, con il proprio lavoro, la classe di reddito nella quale vuole posizionarsi.
Nel primo caso cosa abbiamo avuto? Un regime che, per mantenersi, ha avuto bisogno di abolire di fatto la libertà, mettendo un poliziotto ad ogni angolo di strada. 1
Nel secondo caso abbiamo avuto una frammentazione spinta negli obiettivi della società americana, e cioè un individualismo estremo e un livello di disuguaglianza, così profonda che difficilmente – se le cose continueranno in questo modo – permetteranno a quel Paese di continuare ad esistere, nel medio termine. E ciò nonostante il fatto che negli USA il cursore non sia stato portato sul massimo grado di libertà! 


L’uomo è un animale razionale?

Nella maggior parte degli altri Paesi si assiste a varie regolazioni del rapporto tra giustizia e libertà; l’enfasi data alla prima a scapito della seconda o viceversa varia a seconda delle nazioni, dei governi al potere, dei partiti all’opposizione, ma oggi non esiste e non può esistere una società completamente giusta e contemporaneamente completamente libera.
Il credere nella realizzazione contemporanea di Giustizia e Libertà si basa infatti sul presupposto, inconscio e sbagliato, che l’uomo sia un animale razionale, e che con opportune leggi e regolamenti sia possibile portare la società ad essere libera e giusta. Ma l’uomo non è né un animale (e su questo torneremo) né razionale. L’uomo è un essere raziocinante, non razionale. Raziocinante vuol dire che dà una patina di razionalità alle proprie scelte, che provengono in realtà, almeno in gran parte, non dalla ragione, ma da altre dimensioni meno visibili e molto più forti.
Ricordiamo tutti – e tutti ci siamo comportati talvolta in modo simile – la favola della volpe e l’uva: non riuscendo dopo tanti sforzi a raggiungere l’uva, la volpe mormora tra sé: «Nondum matura est»:  non è ancora matura… Un altro esempio, che mi fa ridere tristemente: so di un sorvegliante di un enorme parcheggio che sottrae serenamente i navigatori dalle auto lasciate alla sua vigile sorveglianza. La spiegazione? Eccola: «Tanto, se non lo faccio io lo fa qualcun altro…». Ecco la razionalizzazione, che da un certo punto di vista è assolutamente coerente e quindi accettabile: se un evento è inevitabile, perché non debbo essere io a realizzarlo, visto che mi porterebbe un vantaggio? Perché razionalmente dovrei rinunciare ad un vantaggioso furto se tanto quei navigatori saranno inevitabilmente rubati da qualcun altro? Che senso hanno le categorie del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto, se l’atto è inevitabile? Ecco una prova del fatto che l’uomo è un essere raziocinante e non razionale: la pulsione verso l’arricchimento, anche se in modo sbagliato (pulsione irrazionale) viene razionalizzata con un ragionamento più o meno valido. E questo è solo un esempio banale; basta leggere i giornali per vedere come ad esempio i politici razionalizzano le loro decisioni interessate facendole apparire davvero eque e sagge… e soprattutto prese per il nostro bene!

URSS e USA: Giustizia o Libertà
E qui torniamo alla falsa affermazione che l’uomo è un «animale razionale» e prendiamo in esame la parola «animale»: semplicemente non siamo animali; siamo anche animali, e a volte anche bestie, ma non siamo solo quello. La componente animale nell’uomo è talmente evidente che non vale nemmeno la pena parlarne; ciò che viene trascurato nell’affermazione che l’uomo è un animale è che egli ha anche e soprattutto un aspetto interiore che è superiore all’animalità, aspetto interiore che dovrebbe dominare sulla dimensione puramente fisica. L’aspetto morale – l’imperativo «non rubare i navigatori» – dovrebbe essere superiore all’aspetto puramente animale («Qualcuno ruberà questi navigatori, tanto vale che lo faccia io così il vantaggio sarà mio»).
Cosa c’entra l’animalità o meno dell’uomo con la giustizia e la libertà? C’entra, perché è proprio il fatto di considerare l’uomo semplicemente un animale – o, per essere più eleganti, un essere esclusivamente materiale – che impedisce alla giustizia e alla libertà di essere presenti contemporaneamente nel mondo.
Prendiamo di nuovo il caso dell’URSS e degli USA. Dal punto di vista teorico, entrambi desideravano creare un Paese giusto e libero; per ottenerlo, il primo ha posto enfasi sulla giustizia, sostenendo che la libertà ne sarebbe derivata automaticamente; il secondo ha fatto il contrario. Il risultato è stato un doppio fallimento: il primo, totale, è già avvenuto, il secondo, quasi totale, è in corso di realizzazione. L’errore di entrambi è stato proprio quello di considerare l’uomo, a livello politico-sociale, esclusivamente come un animale razionale che avrebbe tratto delle logiche conseguenze da certe premesse razionali.
Gli Stati Uniti hanno dato un relativo rilievo, fino ad alcuni decenni fa, all’aspetto interiore e spirituale dell’uomo, ma questo rilievo è stato posto sempre più in secondo piano a favore dell’aspetto economico. Vediamo in modo sempre più chiaro le conseguenze del considerare l’uomo solo come un essere biologico e non come un essere composto di aspetti interiori ed esteriori.
Il titolo di questa rivista è «Voci di pace»; cosa c’entra tutto questo discorso con la pace? C’entra, perché è proprio il prescindere della politica dagli aspetti interiori dell’uomo, che riduce così tutti i rapporti umani a rapporti esclusivamente economici e quindi animali, che genera l’impossibilità di ottenere giustizia, libertà e pace.
Se l’unico valore (è il caso di dirlo) di riferimento è dato dal PIL e dal volume delle entrate statali, e si prescinde da qualsiasi valore non materiale, allora diventa lecito tutto ciò che permette di raggiungere quegli obiettivi: lo Stato legalizza di fatto droga, prostituzione e mafia perché fa entrare nel PIL il loro «fatturato», e rende socialmente accettabile il gioco d’azzardo, anche se rovina singoli e famiglie. Tanto, gli basta l’ipocrita invito, della durata di un secondo, «Gioca responsabilmente!», per sentirsi a posto con la propria coscienza.2 Addirittura ci sono delle app per smartphone concepite apposta per i minori, per i bambini. A metà settembre 2014 sono oltre 30 le app di questo tipo censite 3 Pare che da qualche tempo a questa parte il crimine più grave non sia più l’omicidio ma il non pagare le tasse: questo è il messaggio che viene dal mondo della politica, veicolato dai mezzi d’informazione. D’altra parte, se l’unico valore è quello economico, è evidente che il buon cittadino si identifica con il buon contribuente (diretto o indiretto), ed è inevitabile che il contenuto dell’educazione civica cambi e si adegui ai tempi.

La decadenza della civiltà
Stiamo inoltre assistendo ad una liberalizzazione sempre più spinta delle droghe leggere, che leggere non sono, da parte di vari Paesi. Nei quali si sostiene che ciò serve a stroncare il commercio illecito e dannoso per la salute di certi stupefacenti e a ridurre il consumo degli stessi, destinando i proventi della vendita della droga di stato «ad azioni di prevenzione». Ma se le azioni di prevenzione in atto da decenni non scoraggiano il consumo di tabacco o di alcool, potranno scoraggiare il consumo di marijuana? La realtà è che anche dietro questa liberalizzazione si scorge in modo chiaro e prepotente la mano di gruppi e individui il cui obiettivo è arricchirsi con questo ulteriore vizio legalizzato.
Stiamo andando quindi sempre più rapidamente verso una società in cui tutto ciò che è economicamente conveniente (e tutto ciò che è tecnicamente realizzabile) diventa per questo stesso motivo lecito, senza alcuna preoccupazione morale. Stiamo andando verso una identità tra etica e morale da una parte, ed economia dall’altra, che non ha precedenti nella storia e che, se non corretta in tempo, porterà all’autodistruzione della società occidentale.

Guerre di religione
Ogni società (e cioè ogni civiltà) è nata attorno a una religione e ha espresso, nel bene e nel male, i valori portati da quella religione. Spesso si sente dire: ma la religione nella storia è stata usata per fini politici… Certo! E più di frequente di quanto si pensi. Ad esempio, uno dei motivi delle guerre puniche fu il ribrezzo provato dai Romani per i sacrifici umani che si svolgevano a Cartagine, dove dei bambini venivano sacrificati al dio Baal. Ma se Roma e Cartagine non fossero state entrambe potenze emergenti, in un bacino potenziale di influenza troppo piccolo per due, probabilmente i nordafricani avrebbero potuto tranquillamente continuare a sacrificare a Baal, e i Romani non si sarebbero presi il disturbo di impedirlo. Quindi in quel caso sono stati usati paradossalmente dei motivi religiosi e morali per mascherare i veri motivi, di ordine politico-economico! Di conseguenza, proprio chi crede nell’interpretazione materialista della storia dovrebbe convenire con il fatto che il motivo dietro le guerre di religione è sempre economico. Quindi anche da un punto di vista materialista le reli
gioni, quando sono state addotte come causa dei conflitti, non ne sono state la vera causa ma solo la motivazione ufficiale. Seppelliamo quindi la credenza che le religioni siano la causa di tutti i mali: è l’avidità, l’interesse economico reso assoluto e svincolato da qualsiasi considerazione morale, che è all’origine di tutti i mali 4.
Ciò che voglio dire è che la maggior parte dei conflitti che ha avuto come motivazione la religione, in realtà conflitti religiosi non erano e sarebbero avvenuti lo stesso, magari con altre motivazioni ufficiali. Quindi la critica principale che si rivolge alla religione, e cioè di essere al servizio del potere e dell’economia, vale in quanto l’espressione temporale della religione può esserlo, ma non possono esserlo i principi su cui si fonda e la maggior parte dei fedeli che la segue.

Il fondamento dell’etica e della morale
Ogni civiltà, dicevo, è nata attorno ad una religione; ogni religione ha imposto, con le buone o con le cattive, delle norme di comportamento che, essendo considerate promulgate dall’Autorità Assoluta, erano considerate inderogabili. Il comportamento dei singoli quindi, nel pubblico e nel privato, doveva seguire delle regole ben precise. Inevitabilmente però ad un certo punto ogni sfera culturale, come ogni cosa umana, decadeva, ed ogni decadenza era accompagnata – anzi, secondo me provocata – dal decadere dell’etica e della morale su cui si fondava.
Oggi stiamo assistendo a questo stesso tipo di processo: stiamo vivendo in diretta, e con una certa consapevolezza, il declino epocale della nostra civiltà. La sfera culturale che potremmo definire «cristiana», in sostanza il mondo occidentale, sta perdendo in modo rapido e visibile la propria forza propulsiva e le proprie certezze. Questo perché ci siamo fatti abbagliare da due falsi successi; oserei dire, visto che parliamo anche di religione, ci siamo fatti abbindolare da due idoli: quello della Tecnica e quello del Denaro.
La tecnica, con le sue invenzioni sempre più mirabolanti e incalzanti, ci ha dato la falsa sicurezza di aver vinto sulla natura e di non aver quindi più bisogno della dimensione spirituale, di una divinità che sopperisse alle nostre carenze; il denaro (il benessere diffuso, i rendimenti a due cifre dei BOT, lo sviluppo economico continuo e apparentemente inarrestabile del boom economico) ha rafforzato la sensazione della società di non aver più bisogno di Dio. Senza un Essere assoluto di riferimento tutto diventa relativo; dal momento però che c’è bisogno in ogni caso di valori di riferimento, allora si divinizza la Tecnica e il Denaro; quest’ultimo accompagnato dal semidio PIL e dal demone Spread. E il nemico da combattere ad ogni costo, il Satana che impedisce la realizzazione del mondo ideale, è ovviamente il Debito Pubblico. Contro il quale ogni arma è lecita, compreso, come dicevo, il ricorrere agli introiti delle attività immorali. Ma è un Satana che continua a crescere, come nutrito dai nemici che dovrebbero combatterlo.

Riconciliare i due termini
Ho affermato che i due termini Giustizia e Libertà oggi sono inconciliabili, ma potrebbero essere in realtà conciliabili. Come e perché? Innanzitutto analizziamoli. Secondo alcuni il termine Giustizia deriva dal nome del dio Giove; sarebbe quindi di derivazione divina. E se questa etimologia fosse vera, renderebbe conto anche della natura della giustizia: derivando da Giove, il Padre degli dèi, è per forza di cose normativa, maschile, rigida. Libertà ha un’etimologia diversa, che rimanda alla possibilità di scegliere; è infatti accogliente e creativa, e quindi femminile, e quindi moltiplicante e non dividente. La Giustizia infatti opera per divisione: implica qualcosa che esiste e che deve essere assegnato in modo equo e rigido a due o più soggetti. Per la Libertà le cose stanno diversamente: l’aspetto femminile, essendo creativo, non si pone il problema della limitazione delle risorse e dello status quo: le risorse vengono create, e tutto resta affidato appunto alla creatività dei soggetti. Tornando all’esempio comunismo – liberalismo, mentre il primo mira a dividere in modo giusto le risorse, il secondo mira a liberare la creatività che porta a moltiplicare le risorse.
Come possono quindi conciliarsi questi due termini? Solo se ne introduciamo un altro, portato dalle religioni, che è quello dell’amore. Prendiamo ad esempio la famiglia naturale: in essa, il padre rappresenta la Giustizia, la Norma inderogabile, la Via maestra da percorrere, mentre la madre rappresenta l’Accoglienza, l’Accettazione, la Compassione: in una parola la Libertà che tende a far espandere la vita e le esperienze. Entrambi questi aspetti contrapposti sono necessari per l’educazione dei figli e trovano il loro collante – e il loro superamento – nell’amore.
Nella Giustizia impersonale del padre trovano posto, man mano ma inevitabilmente, forti elementi di Libertà, e lo stesso, in termini opposti, avviene per la madre. In questo completarsi a vicenda non è più necessario domandarsi «dove posizionare il cursore», o deciderlo a priori in base ad un’ideologia astratta: il posizionamento avviene automaticamente in base alla singola situazione e non una volta per tutte, sempre tenendo presenti la Norma e l’Amore. Ecco quindi conciliato nell’amore il rapporto tra Giustizia e Libertà. E ciò che vale per la famiglia vale poi per la società. La società è un insieme di famiglie, un insieme che permette a questi nuclei di passare ad una dimensione più elevata e che si basa su di essi. Non è possibile avere una società sana se non si hanno famiglie sane, in cui padre e madre allevano i loro figli sulla base di valori che sono a fondamento sia della famiglia che della società.

Il ruolo delle religioni
Abbiamo quindi visto che l’uomo non è primariamente un essere razionale ma un essere spirituale, e le religioni offrono dei valori di base che sono sorprendentemente simili tra loro, anche tra religioni molto diverse l’una dall’altra. Valori che costituiscono il fondamento delle varie società che si sono succedute nel tempo; come già detto, la decadenza di ogni civiltà è stata accompagnata, o meglio provocata, dalla decadenza del rispetto dei valori su cui si fondava.
In conclusione quindi possiamo dire che ogni società si è basata su valori che posso riassumere in questo modo: rispetto per la Divinità; consapevolezza del fatto che l’uomo è un essere creato dalla Divinità in base a certi principi e fatto per «funzionare» secondo certi valori di riferimento; centralità della famiglia, considerata come voluta dalla Divinità creatrice per l’ordinato sviluppo della società umana.
Altri valori, come il rispetto degli altri, la libertà, la giustizia, sono sempre stati considerati in secondo piano (per la generalità degli individui) fino all’avvento del Cristianesimo e si sono sviluppati man mano, fino a raggiungere un livello di maturità abbastanza elevato solo negli ultimi secoli.

Politica e ricerca interiore
Concludendo, la libertà e la giustizia potranno essere realizzate compiutamente e contemporaneamente solo se si tiene presente che sono valori funzionali ad altri ben più elevati ed espressi nella famiglia naturale. Diventa quindi illusorio battersi per la giustizia o per la libertà o per entrambe pensando di ottenerle: l’unica battaglia efficace che deve essere combattuta è quella per la difesa e il rafforzamento della famiglia e della spiritualità. La vera battaglia per la Giustizia e la Libertà è la battaglia per diffondere la consapevolezza della centralità dello spirito nella vita dell’uomo; è necessario far sì che si sviluppi la consapevolezza del fatto che siamo degli esseri creati e che lo scopo primario del nostro soggiorno su questa terra è la ricerca – e l’applicazione nella vita – dell’Assoluto e dei Suoi valori. E questa consapevolezza è necessario che venga recepita dalla classe politica di ogni Paese. Senza di ciò sarà semplicemente impossibile per noi Italiani, e per il mondo globalizzato in cui viviamo, uscire dalla profonda crisi che ci attanaglia.
Questo non significa che i politici debbano diventare degli eremiti o dei santi in senso classico. Significa invece che devono ritrovare la consapevolezza che tutti siamo esseri creati, e che la soluzione dei nostri problemi semplicemente non può essere trovata prescindendo dalla nostra radice spirituale.
Non significa – e non serve – nemmeno proclamarsi parte di una religione o di un’altra: il politico deve essere superiore alla propria religione e impermeabile ai tentativi di ingerenza dei suoi ministri religiosi, ma deve essere guidato dal bene comune e farsi guidare dai principi morali che sono alla base di tutte le religioni. Non è semplice, ma è l’unica strada. Che implica anche un altro difficile obiettivo: far sì che le religioni cooperino tra di loro invece di ostacolarsi e condannarsi a vicenda.
Questa è quindi la realtà: se vogliamo rilanciare il Paese e ritrovare la speranza dobbiamo ritrovare le nostre radici spirituali, e questo processo deve essere condiviso dalla classe politica; se non lo facciamo, posso garantirvi che nessuna capacità affabulatoria o decisionista sarà in grado di farci uscire dal tunnel, e tanto meno di realizzare una società di Giustizia e Libertà.


[1]  O meglio tre, secondo la barzelletta in voga in quegli anni, e che è giusto ripetere per le nuove generazioni: «Sai perché i poliziotti in Russia vanno in gruppi di tre? Perché il primo sa leggere, il secondo sa scrivere, e il terzo deve sorvegliare i due pericolosi intellettuali».
[2]  Una conseguenza imprevista dell’inclusione nel PIL del «fatturato illegale», che probabilmente verrà sfruttata a fini propagandistici, sarà la diminuzione nominale di un paio di punti della pressione fiscale. Diminuzione solo apparente perché le tasse continueranno ad essere pagate solo da chi già le paga e non dal «fatturato illegale» che per definizione non emette fattura. Che sia la premessa per aumentare di un paio di punti la pressione fiscale effettiva lasciando immutata quella apparente?
[3]  Notizia ANSA del 25 settembre 2014: «Bingo per bambini. Ormai sono 30 le app per giocare d'azzardo».
[4]  L’idea della religione «vittima strumentalizzata» delle guerre, piuttosto che loro causa, pare sia sempre più accettata. È stata ribadita anche da due relatori nel Convegno UPF per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace svoltosi a Monza il 20 settembre 2014.
 

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