10 novembre 2014

EDITORIALE

Il Diritto alla Pace
di Carlo Zonato
Trent’anni fa le Nazioni Unite hanno “solennemente proclamato che i popoli del nostro pianeta hanno un sacro diritto alla pace” . Ora più che mai sento l’attualità di questo tema ripreso come motivo centrale della Giornata Internazionale della Pace 2014.
Per la mia personale percezione quest’affermazione “IL DIRITTO DEI POPOLI ALLA PACE” è il Diritto dei Diritti: è il compendio di tutta la giurisprudenza poiché riconosce il valore della persona umana nei suoi bisogni essenziali, non solo relativi al benessere materiale ma soprattutto allo sviluppo del cuore e dell’anima.
Avere consapevolezza e investire di conseguenza per la concreta realizzazione del DIRITTO ALLA PACE sta al di sopra di qualsiasi altra priorità: va considerato al centro di qualsiasi bisogno e necessità dell’essere umano. Con questa dichiarazione fatta proprio in occasione della giornata internazionale della pace del 21 settembre l’ottica e la priorità si sposta radicalmente: da assenza di conflitto a impegno concreto e determinato alla pace.
Non è un controsenso e neppure la solita utopia di fronte alla miriade di fatti e situazioni che quotidianamente succedono sia per quanto concerne i conflitti tra nazioni o tribù in lotta perenne, sia sul piano delle tensioni individuali e familiari che affliggono la nostra società moderna. Ma allora qual è il senso di queste giornate, di queste dichiarazioni? Il loro scopo è costruire uno stato di coscienza sempre più intenso che possa sfociare in azioni e cambiamenti concreti a diversi livelli di responsabilità. Non possiamo parlare di diritti se non affianchiamo in modo complementare le responsabilità che, se esercitate con volontà e determinazione, potranno permetterci di raggiungere l’obiettivo della pace concreta per l’intera umanità.
E’ quindi una questione di volontà. La UPF, per la giornata internazionale della pace 2014, al centro delle riflessioni sul “DIRITTO DEI POPOLI ALLA PACE” ha posto il concetto di responsabilità sviluppandolo in quattro punti:
Il primo scandisce la necessità di una responsabilità individuale: “I diritti umani vanno di pari passo con i doveri umani. Affinché i diritti umani possano essere rispettati, celebrati e attuati, ogni individuo deve comprendere e mettere in pratica la propria parte di responsabilità. Allo stesso modo, perché ogni individuo possa godere del «diritto alla pace», è necessario che ciascuno operi per costruire un mondo di pace, in altre parole un mondo basato sul rispetto reciproco e sulla cooperazione, che vada oltre le barriere di religione, etnia, cultura e nazionalità”. Questo è un impegno a cui ognuno di noi è liberamente chiamato, se crede e desidera la pace. La vita quotidiana ci mette di fronte a innumerevoli situazioni nelle quali possiamo compiere atti di volontà in questa direzione. Anziché recriminare ciò che non viene fatto dagli altri, agiamo noi per primi contribuendo ad ampliare l’onda che farà salire il livello di coscienza e impegno collettivo.
Il secondo punto pone enfasi su matrimonio e famiglia: “Il matrimonio e la famiglia sono le pietre portanti della società. Quando la famiglia è sana e stabile, la società è a sua volta sana e stabile. Se marito e moglie si amano e si rispettano, apprezzando pienamente il valore e la dignità dell’altro, il rispetto dei diritti si realizza in modo naturale. La famiglia è scuola dell’etica e, in tale veste, è anche scuola dei diritti umani. Attraverso le buone pratiche genitoriali che sottolineano il valore, la dignità ed i diritti di ogni essere umano, portiamo il mondo verso la pace, una famiglia alla volta.
Marito e moglie dovrebbero reciprocamente sentirsi responsabili della pace dell’altro riconoscendone e salvaguardandone i diritti personali. Insieme si coopera perché la propria crescita e maturazione coinvolga i propri figli in un quotidiano virtuoso. Per il tempo in cui viviamo rendere “forte e sana” la famiglia attraverso l’apporto di tutti i suoi membri, è una missione essenziale il cui valore va oltre a quello della coppia: diventa, infatti, ricchezza per la società nel suo insieme. Per quanto possa sembrare arduo e fuori moda, la mia convinzione è che questo sia l’investimento personale attraverso il quale troviamo la più alta forma di realizzazione e vera gioia.
Riguardo al tema dell’educazione invece, oltre che limitarsi a trasmettere nozioni, è necessario che la scuola si occupi di trasmettere la guida morale e spirituale che viene dalla letteratura classica, tra cui le sacre scritture. La pace, infatti, non può essere realizzata esclusivamente con la tecnologia: essa si basa sulla trasformazione interiore delle persone, che devono abbandonare l’egoismo, l’avidità e la malvagità per abbracciare la benevolenza, la generosità e l’autodisciplina”.
Il terzo punto sottolinea il valore e la necessità della cooperazione interreligiosa: “Per le persone di fede, i diritti umani hanno la loro radice e la loro origine nel Creatore. Ci sono argomenti convincenti che portano a ritenere che la visione e l’applicazione, oggi in gran parte secolarizzate, dei diritti umani, abbiano il loro fondamento in concezioni spirituali e religiose considerate intrinsecamente sacre e di grande valore. Il concetto di diritti umani è un valore universale che viene affermato da tutte le religioni del mondo. Quando delle persone di fede provenienti da tutto il mondo, si riuniscono in uno spirito di rispetto e di collaborazione reciproca, fanno dei passi necessari e significativi per la costruzione di un mondo di pace stabile”.
Questo punto è un forte richiamo alla volontà delle fedi di agire e cooperare insieme su valori comuni universali. Non si tratta di fare solo dialogo nel proprio ambito di fede ma di aprire una condivisione su ciò che contribuisce al bene dell’uomo e dell’umanità e di agire insieme come voce e azione unanime. Chi se non le fedi che promuovono i valori umani più alti dovrebbe dare esempio di forte coesione e di azioni comuni per il bene dell’umanità. Riuscire in quest’obiettivo è come dare un’iniezione di fiducia, di speranza e di buon esempio per tutti a tutta la società.
Il quarto punto esorta a costruire la pace per il tramite del potere suasivo: “Sono ormai evidenti le limitazioni del «potere politico e militare», nella promozione e realizzazione della pace. Le opzioni militari, anche se in situazioni estreme possono essere necessarie per garantire i diritti umani, andrebbero considerate solo come ultima spiaggia. In questo momento particolare della storia, l’approccio alla pace sulla base del «soft power», e cioè del «potere suasivo», non violento, è più necessario che mai. La Giornata Internazionale della Pace può costituire l’occasione per condividere, promuovere e moltiplicare le migliori pratiche di questo potere.
Oltre alla coesione e alle azioni comuni delle diverse fedi serve il concorso dei governi, specie quelli che fanno della democrazia qualcosa da salvaguardare e promuovere. L’ambito politico si è purtroppo abbandonato solo allo scontro offrendo un pessimo esempio che alimenta una modalità che sembra dare ragione a chi ha la voce o i muscoli più forti. Oggi più che mai chi si occupa di politica dovrebbe comprendere che il suo modo di pensare, parlare e agire ha un impatto chiave sui comportamenti sociali. Il confronto tramite il dialogo, la condivisione e la persuasione verso il cosiddetto e inflazionato termine del “bene comune” è essenziale. Il bene comune però non ha colori diversi, non può essere declinato con modalità diverse a seconda delle proprie opinioni. Il bene comune per una singola famiglia sta nella misura in cui ogni membro opera per il bene di tutti gli altri, sotto la guida e la responsabilità dei genitori.  Questo è un dare e avere vitale che deve avere come obiettivo il bene di tutti: che cos’è il bene comune se non la costruzione della pace per tutti. Se questo obiettivo fosse veramente al centro del dibattito e dell’agire di chi ha funzioni di responsabilità sociale, non ci troveremmo di fronte alla frammentazione e confusione sociale a cui assistiamo. Promuovere il Diritto dei Popoli alla Pace richiede che ognuno quotidianamente, nel ruolo o funzione in cui si trova, metta la propria pietra che diventa parte essenziale per costruire la solidità dell’intero edificio.

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