7 luglio 2014

Il Matrimonio buddista

L’antica saggezza buddista nei riguardi del matrimonio conserva ancora oggi un'indubbia validità

di Bhikku Sunanda
Il Buddha storico, Siddhartha Gautama, nato nel sesto secolo prima di Cristo, visse come un principe nel regno himalayano del Nepal, vicino all'India nord-occidentale. Condusse una felice vita matrimoniale ed ebbe un figlio. Tuttavia la sua profonda percezione della sofferenza umana finì con l'assorbire tutta la sua attenzione e all'età di 35 anni dopo anni di in¬cessanti sforzi arrivò alla luce della saggezza.
La sua energica lotta per la pace della mente offrì agli uomini e alle donne la strada verso quella meta; i suoi insegnamenti, raccolti in numerosi volumi, sono basilarmente etici, psicologici e filosofici.
Com'è noto la più alta realizzazione della vita buddista è quella del nirvana: l'assoluta pace mentale. Essa può anche essere descritta come l'affrancamento da ogni forma di avidità, di odio e delusione nella comprensione della vera natura dell'esistenza. Il Buddismo ha adottato due stili di vita come giusti sentieri verso il nirvana. Uno di essi è la strada del celibato dei monaci e delle suore che dedicano interamente tutte le loro energie per la realizzazione del nirvana. Comunque anche se la strada della rinuncia, non è adatta a tutte le persone, la vita dell'uomo e della donna comune, sposati o no, può essere anch'essa un veicolo per la crescita spirituale. Molti laici al tempo di Buddha arrivarono alla santità. Oggi molte coppie si sono poste lo stesso impegno di reciproco sostegno nel cammino spirituale e la situazione odierna della vita matrimoniale può essere un grande e fertile terreno di prova per lo sviluppo di maturi valori spirituali.
Secondo gli antichi principi buddisti e indiani, la moglie di un uomo è considerata il suo migliore amico e lo stesso valore vale per il marito di una donna. Si dovrebbe cercare attentamente il partner, idealmente condividendo un comune passato e un'uguale meta di vita.
Il matrimonio non è semplicemente l’unione di persone; la coppia si assume una grande responsabilità per tutta la vita, una responsabilità che si riflette ugualmente nella struttura della società. Ognuno dei coniugi può influire in maniera positiva o negativa sulla crescita spirituale dell'altro. Reciproco sostegno, fiducia, devozione e gentilezza amorosa sono alcuni ingredienti per un sano e felice matrimonio. II Buddismo consiglia anche di sposarsi dopo aver raggiunto una certa maturità, vale a dire dopo aver preso l'iniziativa di conoscere in una certa misura i pensieri dell'altro. Aspettarsi che il partner realizzi dei desideri infantili può solo inasprire i contrasti familiari.
Una giusta applicazione di alcune norme buddiste può contribuire a stabilire una casa in cui regni la pace e l'armonia. Mentre alcuni di questi antichi precetti non sono riferibili all'attuale mondo occidentale, molti sono ancora applicabili oggi, pur adattandoli opportunamente. Darò alcuni esempi dei consigli dati a una nuova coppia di sposi.
Durante il tempo in cui visse Buddha. Lady Visakha era conosciuta come una grande benefattrice dell'Ordine Buddista. Prima del suo sposalizio, suo padre diede all'amata figlia delle direttive per il successo del suo matrimonio. Queste direttive possono essere una guida sia per il marito che per la moglie.
Una coppia saggia non parla indiscriminatamente dei conflitti domestici, piccoli o grandi, con i vicini. Informazioni di questo genere, così divulgate, non servono generalmente nessun utile scopo e possono generare ancora più discordia e pettegolezzi specialmente quando nella situazione vengono coinvolti i parenti. Più costruttivamente, i coniugi in disaccordo possono cercare di isolare il problema che è causa del conflitto e vedere se è possibile raggiungere una soluzione accettabile. Se non riescono a far questo, una terza persona, matura e nella quale si ripone fiducia (sia essa un familiare o un esperto) può suggerire le strade attraverso cui la coppia può impegnarsi per risolvere il problema.
Inoltre se si ricevono notizie concernenti dei conflitti nelle famiglie dei vicini, queste dovrebbero esser trattate come confidenziali e non essere rivelate alla propria famiglia. In tali occasioni si dovrebbe far uso della correttezza, eliminando ogni possibilità di pettegolezzo e di pensieri cattivi (che il Buddismo considera delle corruzioni mentali).
Nelle questioni più pratiche della vita di ogni giorno, un antico precetto consiglia il prestito di oggetti di valore solo a persone che ne avranno rispetto e cura. Le persone che mancano di questo senso di responsabilità acquisiscono subito la reputazione di persone non degne di fiducia. D'altra parte uno dovrebbe saper liberamente offrire degli oggetti ai parenti stretti, ai vicini che ne abbiano bisogno o alle persone povere, senza aspettarsi di vederseli restituire.
Altre norme riguardano il mantenimento della pace e dell'armonia domestica. Nell'antica India era dovere della moglie provvedere agli affari domestici. Nell'odierna indaffarata vita occidentale, dove spesso lavorano sia il marito che la moglie, è un giusto comportamento per entrambi prendersi cura della casa da loro stabilita. La casa dovrebbe essere un calmo rifugio cui restano quanto più possibile estranei le preoccupazioni e lo stress degli altri affari. La casa è anche un territorio fertile per coltivare un giusto modo di parlare e di comportarsi, basato sulla comprensione, il tatto e la gentilezza amorosa.
La relazione di un coniuge con i parenti del rispettivo marito o moglie è un punto fondamentale nel matrimonio. Un antico precetto consiglia la coppia di usare ogni mezzo e capacità di sviluppare dei rapporti di affetto con i parenti del coniuge considerando la loro età, la loro salute fisica e mentale, il loro passato, il loro stile di vita e il loro sistema di valori. Anche se uno può non essere d'accordo con certi valori e tradizioni, ignorare le differenze individuali può solo favorire dissidi interpersonali e spaccature familiari. Un comportamento civile, basato sulla saggezza e sulla comprensione, non può mai essere sbagliato. Un tale comportamento è sempre benefico, anche di fronte all'ostilità.
Buddha tratta il marito e la moglie in ugual nodo. Nel "Codice Etico del Laico", le norme di Buddha sono indirizzate alla creazione di una casa ideale basata sulla cura e la preoccupazione per i bisogni del coniuge. Il marito deve rispettare la moglie nel seguente modo: deve lodarla e apprezzarne la relazione come sua vera moglie e collaboratrice; non deve disprezzarla o guardarla dall'alto in basso; deve esserle fedele; deve darle la libertà (secondo l'antica tradizione) di prendersi cura della casa e degli affari di famiglia; entro le sue possibilità deve farle dei doni e deve provvedere alle sue necessità di vita.
Similmente la moglie deve rispettare il marito nel seguente modo: deve impegnarsi per organizzare bene i loro affari familiari; deve aiutare i parenti e gli amici del marito; deve essergli fedele; deve curarsi attentamente degli oggetti di valore e delle proprietà che il marito ha procurato; deve essere energica e devota nei suoi vari doveri.
Inutile dire che molti dei consigli dati a uno sposo sono applicabili anche all'altro.

Una storia esemplare
La storia di Nakulamata e Nakulapita, una felice e devota coppia di sposi, può illustrare una perfetta unione buddista. Erano entrambi dotati di buon carattere, fede e intelligenza e il loro matrimonio fu benedetto da un ambiente favorevole, una famiglia amabile e degli amici sinceri.
Un giorno, la coppia ormai anziana, parlò a Buddha, dicendo com’erano stati contenti uno dell'altro e ricordando la loro gioventù trascorsa insieme. Così grande era la loro devozione che desideravano restare insieme come marito e moglie nelle loro vite future.
Dopo qualche tempo, il marito si ammalò seriamente. I medici dissero che non c'era possibilità di guarigione e comprendendo che la fine era vicina, sua moglie lo consolò per tranquillizzare la sua mente.
“Caro marito. Per favore non essere depresso. L'infelicità attende colui che muore depresso. Buddha non ammira chi muore depresso”.
“Caro marito! Forse nella tua mente pensi che non sarò in grado di curarmi dei figli e della casa, ma non devi preoccuparti. Sono brava a tessere e posso prendermi cura dei figli e della casa dopo che tu te ne sarai andato. Caro, per questo non devi morire depresso”. (E' da notare qui l'importanza data dalla moglie al fatto che lei può sostenere se stessa e la sua famiglia come vedova).
“Caro marito! Forse nella tua mente pensi che dopo la tua morte io sposerò un altro uomo”. (in India un secondo matrimonio non era visto favorevolmente). “Marito mio, non devi preoccuparti per questo”.
“Caro marito! Forse nella tua mente pensi che non venererò Buddha dopo la tua morte”. (Lei afferma la sua forte fiducia in Buddha, negli Insegnamenti, e nell'Ordine buddista).
“Caro marito! Forse nella tua mente pensi che io non sarò capace di praticare le virtù”. (In realtà lei ha già raggiunto un alto livello di sviluppo spirituale, ma desidera semplicemente tranquillizzare la mente del marito morente). “Caro marito! Forse nella tua mente pensi che io non progredirò ulteriormente nella meditazione”. (Anche qui, pur avendo già raggiunto un elevato stadio spirituale, cerca di eliminare qualsiasi preoccupazione del marito, se egli ne dovesse avere).
“Caro marito! Non preoccuparti di alcuna cosa”.
Grazie all'amorevole consolazione della moglie e alla sua acuta percezione della mente del marito, egli recuperò le sue forze e la sua malattia scomparve. Sebbene fosse ancora debole e si reggesse su un bastone, il giorno successivo il marito andò a vedere Buddha. Conoscendo le sue precedenti gravi condizioni, Buddha si congratulò con lui, dicendogli quale beneficio era avere una tale, eccellente moglie. Udendo questo Nakulapita fu ricolmo di gioia.
‘Questo è il modo in cui un marito e una moglie dovrebbero servirsi l'un l'altra, fino al loro ultimo respiro.’

NOTA: Nato in Nepal, Bhikku Putuwar è un monaco buddista venerabile (Bhikku); ha ricevuto il dottorato in Filosofia all'Università bud dista di Bangkok e all'Università indù di Varanasi in India. Nel 1984 si è anche laureato in Teologia alla Harward Divinity School.

Nessun commento:

Posta un commento