22 febbraio 2014

Ai ragazzi del Tibet

di Adriano Molteni

La speranza sta in voi, nel vostro sacrificio,
lungo le vie innevate che portano alle valli
di verdi, tolleranti paesi stranieri.
Racchiusi nelle viscere delle madri,
piegate dal dolore dello stacco,
stanno i vostri visi, il nome, i singhiozzi
e la paura dello sparo del cinese di turno.

Non è libertà vivere in un paese straniero,
chiedere allo spirito la forza di resistere,
affinché ci sia un rientro per riabbracciare
lapidi e calpestare le orme dei padri.

Non è socialismo massacrare un popolo,
spegnere le sue memorie, cancellarne
l’idioma e proibirne la religione.
E voi ragazzi costretti a fuggire,
con gli occhi corrosi da bianchi bagliori,
vittime del freddo e della disidratazione,
siete i custodi della tradizione;
voi, le basi di un popolo antico e nuovo,
pronto a tornare coi propri valori.

I monti del Tibet non sono poveri
se han scatenato una guerra e minato
gli ideali d’un futuro migliore.
Fanno paura gli uomini che parlano al cuore,
nomadi delle praterie del cielo
che ascoltano l’anima e domano i bisogni.
Fanno paura perché tengono ai valori
e si auto immolano per la propria nazione.
A Lhasa sanno sempre dove siete
               e credono in voi.
E voi tornerete, ragazzi del Tibet,
se non voi, chi porterà il vostro seme.
Fertili vite dal cuore coraggioso
tornerete alle montagne del Cielo.
Non può il buio vincere il sole,
ha, più di voi, vita breve il tiranno.

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