14 novembre 2013

Dal lavoratore imprenditore al cittadino imprenditore

di Adelmo Monaci,Antonio Saccà ha una produzione che ha raggiunto i cinquanta testi, saggistica letteraria, poesia, narrativa,
teatro, e saggistica sociologico-filosofica. In quest'ultima sfera è collocabile il recentissimo volumetto: “Dal lavoratore imprenditore al cittadino imprenditore”, Artescrittura Edizioni. Il tema del capitalismo è assillante in Antonio Saccà, vi ha dedicato molti libri e innumerevoli articoli. Se molti scorgono nel capitalismo la forma più attiva del fare economico, una straordinaria combinazione di vantaggio personale che genera vantaggio sociale, di competitività qualitativa, di sviluppo planetario, d’inventiva, di stimolo all'impegno personale in quanto in tal modo si ottiene fortuna, Saccà, accettando tutto questo, ritiene che oggi il capitalismo non riesce più ad associare al profitto l'occupazione, vale a dire che oggi, insisto con la datazione, il profitto avviene licenziando, sott’occupando, spostando i capitali dove il lavoro costa meno, riducendo le garanzie e i servizi, le pensioni, e, insomma, debilitando proletariato e ceti medi pur di arricchire banche e grande capitale, uno scorticamento della ricchezza sociale a favore dei...ricchi.
E tutto ciò per rimediare alla difficoltà di profitto dovendo il capitalismo occidentale competere con i capitalismi o pseudo capitalismi dal bassissimo costo di lavoro o con materie prime di enorme vastità. Il capitalismo occidentale cerca di rifarsi all'interno, Saccà ha definito spesso questo fenomeno: profitto interno, devastando e predando ceti medi e proletariato. Addirittura per Saccà siamo in presenza di una nuova etica: in nome del risparmio, dell'eliminazione del superfluo, che pure esiste, mandare sul lastrico milioni di persone senza la minima protezione. Insomma lo Stato rinuncia, contrae la sua tutela...per risparmiare, con gravissimi danni per la popolazione, mentre i ricchi sono fuori da ogni sacrificio, o ne sono colpiti minimamente, in proporzione. Se i lavoratori non riescono a fare impresa conciliando occupazione e profitto, se i cittadini non si organizzano per auto proteggersi nei servizi, avremo, per Saccà, una terribile disoccupazione e una perdita radicale di servizi. Certo, è una “soluzione” ipotetica e provvisoria, dice Saccà, per avere una soluzione radicale occorre impegnare invenzioni, tecnologie, lavoro a vantaggio di tutta la società eliminando quello che per Saccà è l'intoppo cruciale del capitalismo: diminuire lavoratori, salari, protezioni sociali, impiegati e quant'altro nell'illusione che, eliminati i superflui, si avrà la ricrescita. Un'illusione, per l'Autore, micidiale, e forse voluta per darsi la legittimità a prendere dalla povera gente o impoverire la gente media. Con forti rischi di governi autoritari.

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