18 luglio 2013

Attivista birmano: Attacco all’albero di Buddha, una minaccia per l’India e il Myanmar


AsiaNews | 10 juglio 2013
di Nirmala Carvalho
 
Sono ancora sconosciuti gli autori delle nove esplosioni che hanno colpito il complesso sacro di Bodh Gaya, ma per l’India sono “estremisti islamici”. Tint Swe, presidente del Burma Center Delhi: “L’attacco può alimentare odio per i musulmani del Paese, non puntiamo il dito contro la religione”. Il Nepal rafforza i controlli a Lumbini, culla del Buddha.
 
Mumbai (AsiaNews) - "L'attacco al Bodh Gaya è una minaccia alla sicurezza nazionale e alla religione in India e in Myanmar". È quanto afferma ad AsiaNews Tint Swe, attivista birmano ed ex parlamentare della Lega nazionale per la democrazia (Nld), in esilio a New Delhi dove presiede il Burma Center Delhi. Il 7 luglio scorso nove esplosioni hanno colpito Bodh Gaya, complesso sacro del buddismo situato in Bihar (India) che accoglie l'albero della Bodhi, sotto il quale - secondo la tradizione buddista - Siddartha Gautama raggiunse l'illuminazione.

Nell'attacco sono rimasti feriti due monaci, di cui uno del Myanmar. In tutta l'India vi sono circa 500 monaci birmani a studiare, di cui 200 solo a Bodh Gaya. Il complesso, spiega Swe, "è la testa e il cuore del buddismo birmano. La nostra gente segue con attenzione gli sviluppi della vicenda, vuole sapere quanto più possibile".
 
Per questo motivo l'attivista teme che i fatti del Bodh Gaya possano avere ripercussioni anche sul Myanmar, che da tempo è teatro di violenti conflitti etnico-religiosi tra la maggioranza buddista e la minoranza musulmana. In particolare nello Stato di Rakhine, al confine con il Bangladesh, si assiste a una vera e propria repressione dei musulmani Rohingya, accusati di essere immigrati irregolari. Scontri, assalti, attacchi mirati o singoli focolai di tensione, divampati nel giugno 2012 dopo l'uccisione di una donna buddista, hanno causato finora centinaia di morti e migliaia di sfollati.
 
Secondo l'India vi è una matrice islamica dietro l'attacco al Bodh Gaya. Pensando alle conseguenze in Myanmar, per l'attivista birmano "è difficile che i buddisti reagiscano con le armi e le bombe, ma la campagna d'odio anti-islamica potrebbe trovare nuova forza. Voglio esortare i birmani a non scagliarsi contri i musulmani, che vivono con noi da anni. Non puntiamo il dito contro la religione. Il mio compito più difficile è far conoscere al mondo estero il vero Myanmar, i veri birmani e il vero buddismo. Ma media e attivisti guardano tutto da un solo punto di vista. Alcuni elementi sfruttano questa situazione. Ed è molto triste".
 
Intanto, dentro e fuori dell'India è allarme per possibili nuovi attacchi contro luoghi sacri del buddismo. In Nepal le autorità hanno messo in sicurezza l'area intorno a Lumbini, la culla di Buddha, emblema della non violenza, e aumentato i controlli sui campi profughi tibetani, sparsi in tutto il Paese.

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