7 marzo 2013

Vivere, non solo conoscere

Lo scopo fondamentale dell'educazione dev'essere quello di insegnarci come apprendere, aiutarci a scoprire cosa amiamo fare e stimolare il nostro desiderio di conoscenza.
Le scoperte e le teorie dello scienziato ungherese Albert Szent-Gyórgyi hanno allargato i limiti della scienza tradizionale.
Riproponiamo un suo articolo di circa trent'anni fa. La sua analisi spazia in vari campi dell'esperienza umana e le sue riflessioni risultano incredibilmente attuali. Un invito a riflettere.

di Albert Szent-Gyorgyi
Le leggi fondamentali della natura sono semplici. Questa consapevolezza l'ho avuta fin dal tempo in cui incominciai a frequentare, tanti anni fa, l'istituto per gli Studi Avanzati di Priceton.
A quel tempo avevo creduto che frequentando quei grandi fisici atomici e matematici avrei imparato qualcosa di più sugli esseri viventi, in realtà ciò che imparai è che la natura è molto più semplice di quello che ci appare. È come una lettera cifrata di cui non possediamo la chiave; ma nel momento in cui i nostri metodi divengono più raffinati e ne comprendiamo il codice le cose ci appaiono molto più chiare e facili di quanto non pensassimo.

La conoscenza scientifica porta a scoprire leggi sempre più generali e generalizzare significa semplificare. La biologia, di cui io mi occupo è oggi molto più ricca di quanto non fosse al tempo in cui ero studente ma allo stesso tempo è anche molto più chiara. Un tempo era complicata e suddivisa in un gran numero di discipline secondarie. Oggi è un unico complesso che ha come base il modello atomico. La cosmologia, la meccanica quantistica, il DNA, la genetica sono tutti, più o meno, aspetti diversi di un unico concetto. Perciò anche nel nostro insegnamento dovremmo porre molta più enfasi sulle leggi generali che non sui dettagli. Ovviamente deve esservi equilibrio tra questi due aspetti: la generalizzazione può essere raggiunta per mezzo dei dettagli che a loro volta vengono valorizzati e resi interessanti dall'insegnamento in un più grande quadro generale. A questo punto vorrei dire qualcosa di più riguardo al principale strumento della conoscenza: i libri.

Sono contento della mia ignoranza perché non offusca la mia capacità di mente, la mia capacità di migliorarmi come un bambino di fronte alla natura e dal riconoscere in essa un miracolo, anche se la vedo ogni giorno

È ampiamente diffusa un'errata concezione riguardo ai libri che contengono conoscenza, si pensa cioè che il loro contenuto debba essere stipato nelle nostre teste. In realtà la verità si avvicina maggiormente all'esatto contrario. Sono i libri che debbono servire ad immagazzinare la conoscenza, mentre noi possiamo usare le nostre teste per fare qualcosa di meglio. Nella mia testa molta "conoscenza" sopravvive per qualche settimana al massimo. Così io la lascio volentieri ai libri e alle biblioteche e vado a pescare: a volte proprio in cerca di pesci, a volte di nuova conoscenza.

So di essere sorprendentemente ignorante e se dovessi sostenere degli esami all'università probabilmente non ne supererei neppure uno. Ma, ancora peggio, faccio tesoro della mia ignoranza. Mi fa sentire a mio agio; non offusca la mia semplicità di mente, la mia capacità di meravigliarmi come un bambino di fronte alla natura e di riconoscere in essa un miracolo anche se la vedo ogni giorno. Se, a 71 anni, sto ancora scavando i confini della conoscenza lo devo alla mia attitudine di bambino. "Beati i puri di cuore perché vedranno Dio" dice la Bibbia "Perché comprenderanno la Natura" dico io.
Non vorrei essere frainteso, non disprezzo affatto la conoscenza e ho lavorato a lungo e duramente per comprendere qualcosa in ognuno dei campi della scienza collegati alla biologia. Senza questo non avrei potuto portare avanti la ricerca. Ma ho trattenuto solo la conoscenza che mi serviva per una comprensione, per una padronanza intuitiva, per sapere in quale libro potevo cercare e cosa cercare. Questo era anche divertente e dobbiamo trovare gioia in ciò che facciamo altrimenti il nostro non sarà mai un buon lavoro.

Non solo imparare, ma vivere
Il tempo che trascorriamo a scuola è relativamente breve se lo confrontiamo con il tempo successivo. Voglio sottolineare questo perché si pensa solitamente che sia necessario imparare a scuola tutto quello che ci servirà poi sapere per fare bene il nostro lavoro. Questo è sbagliato perché, durante il lungo periodo di tempo che segue gli anni della scuola, siamo portati a dimenticare ciò che abbiamo imparato mentre abbiamo molto tempo per studiare. La maggior parte di noi deve continuare a studiare durante tutto l'arco della propria vita e io stesso ho iniziato lo studio della meccanica quantistica quando avevo già i capelli grigi. Il compito principale della scuola è dunque quello di insegnarci come apprendere, come sviluppare il nostro desiderio di conoscenza, deve insegnarci la gioia di far bene un lavoro, l'entusiasmo per la creatività, deve insegnarci ad amare ciò che facciamo e a scoprire quali sono le cose che amiamo fare.
Il mio amico Gerard Fouchet insegnava di prendere dall'altare della conoscenza il fuoco e non la cenere. Come tipo più "terreno" io vi consiglio di prendere la carne e non le ossa. Gli insegnanti soprattutto hanno una notevole preferenza per le ossa, specie per quelle secche. Certo le ossa sono importanti e a tutti piace rosicchiarle, ma solo dopo aver mangiato la carne. Quello che voglio dire è che non dobbiamo "imparare" le cose, dobbiamo "viverle". Ciò è vero quasi per tutto: Shakespeare e la letteratura devono essere vissuti, la scultura, la musica e la pittura debbono essere fatte, un dramma deve essere recitato. Questo è vero anche per la storia. Dovremmo vivere attraverso di essa, attraverso i vari periodi anziché elencarne le date. Sono felice di affermare che questa attitudine a "vivere" la cose sta divenendo una realtà nell'insegnamento della scienza. La più recente tendenza non è ad insegnare semplicemente le leggi della natura ma a rendere gli studenti capaci di scoprirle da soli attraverso semplici esperimenti. Naturalmente io so che le date sono importanti e possono anche essere interessanti ma solo dopo che abbiamo consumato la "carne", la sostanza. Dopo possiamo desiderare di conoscere e ricordarle. Prima sono solo insulse e rendono insulso lo spirito quando non lo uccidono del tutto.

Aprire un orizzonte senza fine
È opinione diffusa che la memorizzazione e la conoscenza non possano arrecare danni. Io ho invece paura che possano farlo. La conoscenza "morta" indurisce lo spirito, riempie lo stomaco senza nutrire il corpo.
La mente non è una voragine senza fondo e se la riempiamo con qualcosa significa che dobbiamo lasciare fuori qualcos'altro. Con un insegnamento più vivo possiamo riempire l'anima e lasciare la mente libera per cose più importanti.
Un tipo di insegnamento che riempie la mente e l'anima può aiutare l'uomo ad affrontare uno dei suoi problemi più formidabili: lo scopo della propria esistenza. Le società più avanzate, come la nostra, sono in grado di produrre più di quanto possano consumare, e questo fenomeno è destinato ad aumentare con l'aumento della automatizzazione. Possiamo risolvere il problema del nostro tempo lavorativo producendo anche cose inutili, ma non è una soluzione; siamo destinati a lavorare di meno. E allora che faremo? La vita non può rimanere vuota. L'uomo ha bisogno di entusiasmo e di sfida ed in una società del benessere dove ogni cosa si può raggiungere facilmente, può subentrare pericolosamente la noia.
La noia è pericolosa perché può facilmente generare una società che ricerca l'eccitazione nell'avventura politica o seguendo leaders irresponsabili e ignoranti. La nostra società ha recentemente mostrato i segni allarmanti di questa tendenza.
Insegnando scienza la scuola può aprire orizzonti senza fine e una sfida continua nella vita intellettuale ed artistica e può rendere la vita un'avventura entusiasmante. Io credo che nell'insegnamento non solo deve esservi equilibrio tra leggi generali e dettagli ma anche tra l'insegnamento stesso nel suo complesso e i valori umani.

L'importanza della storia
Voglio concludere parlando dell'insegnamento della storia, non solo perché è l'aspetto più importante, ma anche perché ricordo ancora perfettamente la difficoltà che ho avuto mentre ne studiavo le date. La storia ha due grandi capitoli: la storia nazionale e la storia internazionale. La storia nazionale è una specie di affare di famiglia e non vorrei parlarne ora. Ma cos'è esattamente la storia internazionale? Nella sua essenza è la storia dell'uomo, del modo in cui è passato dallo stadio animale allo stato attuale. Questa è una storia affascinante legata ad un numero limitato di uomini creativi, gli eroi, che hanno creato nuova conoscenza, nuovi valori morali o etici, nuova bellezza. Tuttavia c'è anche un lato negativo della storia, legato a re, nobili, generali, dittatori che con la loro avidità di potere hanno causato guerre e lotte, hanno generato miseria, hanno distrutto ciò che altri uomini avevano costruito, e purtroppo proprio questi sono gli "eroi" di cui si parla oggi quando si insegna la storia. Non solo questa storia è negativa e parziale ma è anche falsa perché nasconde malnutrizione e epidemie che hanno avuto a che fare con il corso delle cose molto più di re e generali. L'insegnamento della storia mondiale dovrebbe essere più veritiero e includere tutta la sporcizia, la fatica e la miseria del passato per insegnarci ad apprezzare il progresso e le cose che abbiamo oggi. Non abbiamo bisogno di una storia falsificata: la storia tende alla falsità perché solo chi torna vivo dalla battaglia può raccontarla. Se i morti potessero raccontare almeno una volta la loro fine ignominiosa la storia e la politica potrebbero essere molto diverse. Una storia più vera sarebbe probabilmente anche più semplice.
Come sono cadute le barriere tra le varie scienze dovrebbero essere rimosse quelle che esistono tra scienza e umanità e come i raggi X e la microanalisi sono divenuti strumenti per lo studio della pittura, spero che anche le conquiste della psicologia possano aiutarci a riscrivere la storia in un modo più trasparente e coerente.
La storia del progresso umano non è legata a nessun periodo, credo, nazione o colore e potrebbe insegnare alla nostra gioventù una più vasta solidarietà umana. Di questo i giovani avranno estremo bisogno per costruire nuove relazioni umane e politiche. Nonostante i suoi molteplici aspetti l'insegnamento ha, fondamentalmente, un unico obiettivo: trovare uomini che possano tenere i piedi in terra e sappiano guardare con fiducia all'orizzonte.

Questo rende la scuola a tutti i livelli la più importante fra le istituzioni pubbliche e l'insegnante la più importante fra le figure pubbliche. Il futuro dipende da come noi insegniamo oggi.

Albert Szent-Gyorgyi, nato a Budapest, il 16 settembre 1893 – morto a Woods Hole, il 22 ottobre 1986, è stato lo scopritore della vitamina C e ricette il premio Nobel per la medicina nel 1937.

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