15 marzo 2013

Che cosa è successo all'economia italiana?

In una conferenza organizzata dall’UPF a Berlino nell’autunno 2012, il Prof. Antonino Galloni, che è stato Direttore Generale al Ministero del Lavoro ed è attualmente sindaco effettivo dell’INPS, nonché autore di diversi libri ed articoli, ha presentato il suo nuovo lavoro dal titolo provocatorio “Chi ha tradito l’economia italiana?”

Antonino Galloni
Il libro, ora alla seconda edizione, è dedicato alla storia del mio paese, l'Italia. Parafrasando i contenuti del testo, la mia riflessione riguarda l’economia mondiale: comprenderne la situazione, le cause e le soluzioni, è di fondamentale importanza per capire la situazione dei singoli paesi.
La prima cosa  è che la realtà è preoccupante, ma le notizie positive non mancano.
Le cause e i problemi principali di questa crisi sono iniziate nell’economia reale (real economy) e qui vi rimangono . Siamo abituati a sentire parlare di motivi finanziari solo perché sono drammaticamente impressionanti e di forte impatto mediatico. Ma la domanda alla quale cercherò di rispondere risiede nell'economia reale.
La prima osservazione da fare è che la competizione globale (o globalizzazione) ha trasformato il mercato in un ring dove i peggiori produttori vincono la sfida: La manodopera deve sempre essere pagata meno, lo sfruttamento minorile è autorizzato e il rispetto  delle più elementari norme di tutela ambientale è un optional. Questo perché esiste una competizione che riguarda solo i costi, quindi riduzione della domanda globale e dell’occupazione globale.
Questa è il problema. Trenta anni fa abbiamo abbandonato la cultura dei costi decrescenti capace di assicurare alti salari, buoni profitti e adeguata efficacia della spesa pubblica perché anche il Prodotto Interno Lordo crescesse. Il punto è che l’aumento della produttività, l’anima dell’economia, venga diviso tra salari, tasse e profitti. Questa è la chiave dello sviluppo.
Adesso non abbiamo più gli strumenti per guardare all’economia così.
Trent’anni fa la nostra cultura si volta a considerare il mondo dell’economia come caratterizzato da costi crescenti. Così i nuovi produttori sono stati autorizzati a produrre e a vendere prodotti e servizi sul mercato internazionale riducendo i costi in tutti i modi: riducendo i salari, sfruttando i bambini, e non rispettando l’ambiente e i diritti alla salute dei lavoratori.
Ora questa economia della globalizzazione, è stata l’inizio di questa crisi perché nel modello della cultura dei costi decrescenti, fino a trent'anni fa, la crescita del reddito portava alla crescita delle vendite e così i profitti aumentano ed era possibile investire nell'economia reale  assorbendo la disoccupazione. Se c’era qualcosa che non funzionava bene, la spesa pubblica era in grado di riequilibrare il modello. Nel modello degli ultimi trent’anni, invece, lo sforzo è stato quello di ridurre i costi, perché si è pensato solo alla riduzione dei costi nella macroeconomia, senza pensare a quello che sarebbe successo nella microeconomia. Il lavoro, l’ambiente, la salute, sono considerati solo come costi da minimizzare; ma poi, nella macroeconomia, lavoro, ambiente e salute si scoprono valori che devono essere massimizzati. Questo è il primo problema che ci troviamo ad affrontare.
La seconda osservazione è che questo modello è basato sulle esportazioni. I leader cinesi al Congresso del loro Partito Comunista, tenutosi lo scorso ottobre, hanno detto di voler sviluppare la domanda interna, spingendo di meno sulle esportazioni e di più sullo sviluppo interno.
Questo è il secondo punto. Abbiamo avuto un’economia con un modello, una cultura, basati principalmente sulle esportazioni. Ma non è possibile che tutti i Paesi  vedano crescere le proprie esportazioni nette: quindi, per definizione, l’equilibrio non è possibile (alcuni Paesi devono importare di più per consentire ad altri di esportare di più). I Paesi leader devono importare di più. Ed ecco la Germania che ha una posizione di leadership in Europa, ma che rifiuta di importare: vuole solamente esportare. Gli Stati Uniti, a differenze della Germania, accettano di importare molto più di quanto esportano. La Germania no, e questa è il problema dell’Europa.
Terza questione.
A partire dalla fine della primavera del 2001,i rendimenti dell’economia reale hanno cominciato a flettere; gli operatori di borsa hanno abbandonato le operazioni al rialzo e si sono buttati su quelle al ribasso; ma le banche avevano preso impegni nei confronti dei loro clienti e, nella prospettiva che presto sarebbe ricomincita la ripresa, hanno iniziato le operazioni con i derivati. Le previsioni sulla rapida ripresa sono state manipolate ed  i politici indotti a garantire ottimismo senza capire nulla di ciò che stava accadendo o mostrando complicità con le truffe organizzate dalle banche. 
A causa del ripetersi delle operazioni di derivazione (sopportabili nel breve termine) per un anno, due anni, dieci anni, dodici anni, com’è successo, si è accumulato un milione di miliardi di dollari di derivati, una cifra enorme di speculazione che ha gravato sull'economia reale. Ma ciò che voglio dire è che la crisi è iniziata dall’economia reale, perché l’equilibrio non era possibile. Il comportamento speculativo finanziario è iniziato solamente dopo.
Ma le cause, ribadisco, hanno avuto inizio nell’economia reale per poi passare all’economia finanziaria e non l’inverso. Le banche come operatori finanziari speculativi promettono di estrarre alti profitti dal settore finanziario ma non è possibile avere, nel lungo periodo come nel breve periodo, profitti dall’economia finanziaria più alti rispetto a quelli all'economia reale.
L'economia reale era depressa per le ragioni che ho spiegato prima (scarso interesse della politica per lo sviluppo interno, mancanza di regole condivise ecc.) e le possibilità di alti profitti finanziari erano  fra le cose impossibili…che venivano date per certe!
 Questa è la situazione che il mondo deve gestire. La ripresa non sarà possibile fino a quando gli Stati spenderanno poco per le infrastrutture, la scienza, l'educazione, la salute e così via. Questi investimenti non ci sono perché si pensa che sia denaro sprecato, quindi viene rifiutano il credito di cui abbiamo più bisogno. La banca centrale produce fondi monetari per far fronte alla richiesta di liquidità delle banche: negli ultimi tre anni la Banca centrale degli USA ha autorizzato, per fronteggiare il problema della liquidità delle banche, una emissione di mezzi monetari pari a tutto il debito degli Stati Uniti che ha raggiunto i 16 trilioni di dollari. Gli Stati Uniti hanno speso molto per la guerra e per sostenere investimenti speculativi. In Europa la BCE ha speso tre trilioni di euro per sostenere il problema della liquidità delle banche, ma non ci sono soldi per le infrastrutture, per la ripresa, per gli ospedali, per la salute, per il welfare; per nessun’altra cosa.
Ecco una questione che è politica e non soltanto economica. Perché le banche hanno così fame di liquidità? In passato, da quando il sistema interbancario è esistito, il denaro che era immesso nelle banche da parte delle famiglie, delle forze produttive e anche dell'economia criminale, andava negli investimenti speculativi. Ma quando questi ultimi produssero solo enormi perdite, la raccolta del denaro da parte delle banche risultò inferiore alle somme che le banche avevano perso sui mercati speculativi.
La differenza è la necessità di liquidità delle banche, che le Banche Centrali immettono nel sistema come moneta in quanto tutti i mezzi il cui tasso d’interesse è sotto il tasso d’inflazione si equivalgono. Sarebbe corretto fornire liquidità alle banche perché ne hanno necessità, ma bisogna fermare le attività speculative svolte col denaro destinabile all’economia reale e, quindi, reintrodurre la Glass Steagall Act (ndt: la legge bancaria). Ad esempio, dobbiamo separare i soggetti che concedono il credito strutturale per l’economia da chi sta nel mercato speculativo per promettere il 10% all’anno di rendita, e dire “quest’obbligazione è molto buona, comprate, comprate”.
Gli economisti e i politici non trovano di meglio da dire che “riduciamo le tasse”. I poveri non possono pagare le tasse, e la classe media si vede una riduzione dei servizi pubblici (istruzione, trasporti, salute) maggiore del vantaggio della più bassa imposizione fiscale  e così diventa più povera.
I ricchi guadagnano molto dalla riduzione delle tasse e possono investire, ma perché dovrebbero investire nell’economia reale se la prospettiva di guadagno è scarsa? Questo è il motivo per cui la riduzione delle tasse non funziona per la ripresa. E dove vanno a finire i soldi raccolti attraverso la riduzione delle tasse? Nella speculazione. L’euro è una cosa strana, è nato prima dell’accordo politico, è la prima volta nella storia del denaro. E' valuta senza limiti per le banche o i banchieri, ed è così spaventoso per le persone e per la ripresa. Dobbiamo decidere: o l’euro è una moneta strana, buona solo per le banche, o è buona per tutti gli Europei e dobbiamo spendere per la ripresa. Il dollaro è illimitato non soltanto per le banche, ma anche per pericoli speculativi e ultra speculativi.
Quindi dobbiamo avere la sovranità della moneta, ma ne abbiamo bisogno per avere lo sviluppo delle infrastrutture, del pianeta, per la scienza, per la medicina. Dobbiamo fare una netta separazione tra i soggetti che operano sul mercato speculativo e coloro che s’impegnano nell’assicurare credito all’economia. Dobbiamo ritornare al Glass Steagall Act. Possiamo gestire lo stato del debito nella crescita dell’economia, la crescita dell’economia riduce i problemi. Oggi l’umanità ha l’opportunità di sviluppare nuova energia, nuova tecnologia, ma dobbiamo affrontare la resistenza che viene dall’attuale potere politico.
Prima ho detto che avevo cattive notizie ma voglio darvene una buona. La buona notizia è che è molto semplice uscire da questa brutta situazione. Ci sono molte soluzioni, a livello monetario, politico, economico, finanziario. L’unica cosa che non possiamo fare è continuare come stiamo procedendo oggi. Questo non è possibile. Abbiamo buone prospettive perché l’umanità ha oggi la tecnologia per gestire tutti i problemi. Manca solo la volontà politica, la volontà; ma essa è frutto di una consapevolezza che sta crescendo e, presto, raggiungerà la massa critica minima necessaria per cambiare le cose… in meglio, speriamo!

Nessun commento:

Posta un commento