3 dicembre 2012

Birmania: nuovo corso, vecchi metodi

30.11.2012

In un recente Blog sulla Birmania abbiamo parlato della lotta degli abitanti di un distretto a nord di Mandalay, contro la presenza di una miniera di rame di proprietà cinese, che toglie terra e lavoro ai contadini locali oltre a inquinare le sorgenti.

Nell’era della nuova democrazia birmana, la protesta aveva trovato rilievo sulla stampa e veniva invocata una mediazione sia con il governo che con la compagnia straniera interessata per bloccare il progetto in attesa di un’indagine sul suo impatto ambientale. Ma due giorni fa la polizia ha sparato lacrimogeni e forse proiettili di gomma contro i manifestanti per rimuovere i blocchi alle strade d’accesso della miniera, ferendo una trentina di civili e religiosi. Un segnale che le mosse delle forze dell’ordine potrebbero ancora essere condizionate degli interessi delle compagnie straniere. In un primo momento uno dei ministri del nuovo governo aveva anche preparato una dichiarazione in supporto dell’operato della polizia, ma poi l’ha ritirata dalla circolazione.

Per una semplice coincidenza, Aung San Suu Kyi è capitata in visita nel distretto di Monywa proprio poche ore dopo che si erano verificati i fatti. A differenza dell’atteggiamento neutro tenuto a proposito delle rivolte buddhiste e musulmane nell’Arakan, o del conflitto separatista nello Stato Kachin, nel caso della protesta contro la  miniera di Letpadaung la Lady è intervenuta immediatamente, cercando una mediazione tra esigenze e diritti delle popolazioni e gli interessi economici delle compagnie coinvolte.

La leader dell’opposizione sa che dopo le aperture della Birmania ai capitali delle economie occidentali, la Cina ha perso il monopolio degli affari, tradizionalmente basati sull’utilizzo (o sfruttamento come dicono i gruppi umanitari e le popolazioni interessate), delle risorse nazionali birmane. Per questo ultimamente le autorità di Pechino e le loro compagnie hanno annunciato una linea più morbida (conquistare cuori e menti) nell’approccio verso le genti colpite da progetti di forte impatto ambientale come dighe, miniere, gasdotti.

Ma l’operazione brutale di polizia contro i cittadini e monaci inermi, sembra dimostrare che l’ottimismo è ancora prematuro.

Ripreso da
La Repubblica

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