24 novembre 2012

Aumentano le migrazioni verso l’Italia

di Francesco Fravolini

Il numero degli stranieri che arriva in Italia è in costante crescita. Le nuove frontiere del mondo globalizzato incidono sugli spostamenti delle persone, specialmente in un Paese dalla forte attrazione turistica come l’Italia. La società risente di questi mutamenti, in grado di stravolgere le relazioni sociali del popolo italiano. La famiglia si allarga, entrano nuove persone che condividono la storia e le tradizioni culturali dell’Italia. È auspicabile una maggiore integrazione e una spiccata sensibilità degli italiani verso i migranti, al fine di condividere il sapere del Bel Paese con altre etnie, magari completamente differenti dal pensiero e dalla filosofia italiana. Una simile condivisione può accrescere la cultura perché il confronto con le altre filosofie di pensiero diventa una nuova frontiera del sapere. Secondo i risultati dell'indagine campionaria sul turismo internazionale condotta dalla Banca d’Italia (dati riferiti al 2009), in media, ogni giorno, entrano in Italia circa 200.000 cittadini stranieri, per lo più turisti. Nell’attuale crisi economica questi flussi costituiscono una fondamentale risorsa per il Paese, tanto che nell’aprile 2011 il Ministero degli Affari Esteri e l’Enit - Agenzia Nazionale del Turismo - hanno siglato un accordo di collaborazione per rafforzare il flusso turistico estero verso l’Italia e potenziare le opportunità per l’imprenditoria italiana, nell’ambito di una strategia volta a valorizzare il Sistema Italia. Tra le sedi prioritarie figurano le Ambasciate d’Italia a Mosca, Pechino e Nuova Delhi, così come i Consolati Generali d’Italia a Mosca, San Pietroburgo, Canton, Shangai e Mumbai. Nel vortice complessivo del movimento del popolo dei viaggiatori si inseriscono, a pieno titolo, gli immigrati. Il tour di queste persone è motivato da cause riguardanti il lavoro, la famiglia, lo studio, la religione, la cura, la residenza elettiva. A fotografare la situazione degli immigrati è l’ultimo Rapporto EMN, uscito a marzo 2012.
Nel caso degli immigrati è necessario il visto, un’autorizzazione di competenza consolare molto ambita, poiché consente di spostarsi senza temere i controlli di frontiera. È proprio per questo motivo che è frequentemente contraffatta, non solo nel caso italiano, da parte di organizzazioni malavitose che, come accertato dalle indagini giudiziarie e di polizia, dispiegano la massima fantasia per lucrare indebitamente sui candidati all’espatrio, contro le quali si sta sperimentando come rimedio efficace la snellezza delle procedure (convocazione per sms, tempi di definizione abbreviati, accuratezza nella scelta delle strutture da convenzionare). L’Italia si avvale di una rete diplomatico-consolare molto ramificata con 190 sedi, sviluppata nel corso di 150 anni di storia unitaria, a sostegno delle molteplici relazioni del Paese con l’estero, ma anche delle esigenze connesse all’emigrazione italiana, che conta oggi 4 milioni di residenti all’estero e oltre 70 milioni di discendenti e, dall’Unità d’Italia a oggi, ha visto emigrare quasi 30 milioni di persone. Sono stati rilasciati complessivamente dall’Italia 1.543.408 visti di ingresso nel 2010, circa il 10% in più rispetto all’anno precedente, oltre il 63% in più in confronto al 2001. Se analizziamo la serie storica, dopo un lieve calo nell’andamento dei rilasci relativo al biennio 2002-2003, si riscontra un aumento progressivo, seppure non sempre costante, del volume dei visti emessi.
Per quanto riguarda il rapporto tra istanze presentate e domande effettivamente accolte, il tasso di esito positivo, nel corso del 2010, raggiunge il 96,1%, con un incremento di circa 10 punti percentuali rispetto a quanto registrato all’inizio del decennio. Per quel che concerne l’andamento dei visti nazionali (validi per soggiorni superiori ai 3 mesi), l’entità cresce da 186.167 unità nel 2001 a 218.318 nel 2010 (+32.151 visti, pari a un incremento del 17%). La crescita non è sempre costante e, per i primi 4 anni, il volume si attesta al di sotto delle 200.000 unità. Tale soglia è stata superata, per la prima volta, nel 2005 (224.080), fino a raggiungere l’apice nel 2007, anno in cui si è provveduto all’emissione di 363.277 visti nazionali. A partire da questo momento è prevalsa la tendenza inversa, che ha portato a una forte contrazione, tanto che nel 2010 si è registrato un calo, rispetto al 2007, di 144.959 unità (-66%). Per i ricongiungimenti familiari è determinante la volontà del migrante, già presente in Italia, nonché la sua capacità di soddisfare le condizioni stabilite dalla legge (reddito, condizione abitativa, legame parentale): tutto lascia intendere che gli arrivi saranno consistenti anche nel futuro. La variazione del numero dei visti per lavoro è collegata ai decreti flussi annuali, fatta eccezione per le categorie di lavoratori ad alta professionalità (gli infermieri, ad esempio) che non devono essere contemplati nelle quote annuali. Dalla serie storica dei visti concessi nell’ultimo decennio emerge una prevalenza di quelli per motivi familiari, oscillanti tra il 37% e il 44%, con un picco massimo raggiunto nel 2004 e l’eccezione del 2007, anno in cui l’incidenza è stata pari al 25,7%. Tuttavia, è interessante segnalare la preponderanza dei visti per motivi di lavoro nel periodo compreso tra il 2007 e il 2009. Nel 2008, il 59,3% dei visti è stato rilasciato per motivi riconducibili a ragioni professionali, solo il 25,7% per ragioni familiari. I motivi di famiglia prevalgono nel 2010 (un anno di crisi occupazionale) e probabilmente anche nell’anno successivo. I visti per studio hanno inciso, nel 2010, per un sesto (circa 37.000) e mostrano che l’Italia è, con il suo sistema universitario, un polo di attrazione nei confronti di diversi Paesi, seppure non nella misura di Gran Bretagna, Germania e Francia. Nel IV Rapporto EMN c’è un’attenta analisi della complessa materia sia in generale sia in riferimento a tre specifici Paesi di provenienza (Albania, Moldavia e Senegal), traendo fruttuose indicazioni. Considerando il carattere emergenziale dei flussi intervenuti negli anni ‘90 e le buone prassi di cooperazione bilaterale instaurate nel corso degli anni, tanto più alla luce della recente abolizione dell’obbligo di visto per soggiorno al di sotto dei tre mesi, quello degli albanesi in Italia rappresenta un caso studio particolarmente interessante per i policy maker europei. Dalla forte pressione migratoria, anche di natura irregolare, esercitata nel corso degli anni 2000, trae giustificazione la scelta della Repubblica di Moldavia come secondo caso studio, rappresentando l’Italia il primo Paese comunitario per numero di soggiornanti moldavi. I dati sui visti evidenziano che i flussi dei moldavi verso l’Italia sono andati incanalandosi sempre più attraverso le vie della regolarità e anche il loro inserimento nel Paese si è caratterizzato positivamente, anche per il proficuo lavoro svolto dalle loro associazioni e dalla rappresentanza diplomatico-consolare. La scelta del Senegal tra i casi esaminati ha origine dalla forte presenza della diaspora senegalese in Italia, e da un interesse sempre più marcato, sia da parte dell’Italia sia dell’Unione europea, a stipulare con questo Paese africano accordi in materia migratoria. La politica dei visti deve essere, senz’altro, considerata una leva di intervento importante nel settore della mobilità, sia quando viene regolata in maniera efficace nei confronti di chi deve munirsi di tale autorizzazione all’ingresso, sia nel momento in cui la sua obbligatorietà viene superata nell’ottica dell’ampliamento della libera circolazione delle persone, una delle realizzazioni più significative dell’Unione europea.

Attraverso controlli efficaci, ma non vessatori, è possibile scoraggiare gli interessi economici di chi pratica il traffico dei migranti, senza andare a intaccare il diritto alla mobilità di coloro che, nel rispetto delle norme stabilite, desiderano fare ingresso nel territorio nazionale.
Ogni Stato membro è tenuto a osservare il nuovo codice dei visti Schengen (Regolamento CE n. 810/2009), in vigore a partire dal 5 aprile 2010 nell’Unione europea, che ha ampliato le disposizioni comuni in tutto il territorio europeo entrando nel merito di aspetti molto concreti quali il costo della pratica, il tempo di definizione, i ricorsi, la segnalazione nel casellario Schengen. La nuova normativa ha favorito la collaborazione, più o meno strutturata, tra le sedi diplomatico-consolari degli Stati membri, anche attraverso incontri periodici, allo scopo di concordare un comportamento omogeneo e verificare, quando ne emerge l’ipotesi, la volontà di ritorno nei casi di Paesi a forte pressione migratoria irregolare, attraverso l’implementazione di strategie ad hoc per la valutazione del cosiddetto risk assessment in sede di intervista con il richiedente il visto. Questa normativa europea è finalizzata a rendere più agevoli i canali della regolarità, salva restando la competenza dei singoli Stati membri per quanto riguarda la programmazione dei flussi, e a tutelare la sicurezza nazionale contrastando la irregolarità. Non bisogna, però, dimenticare che funzionale a questo obiettivo è il dialogo con i Paesi dell’Africa e del Mediterraneo, ritenendo di fondamentale importanza lo sviluppo e il rafforzamento della cooperazione con i Paesi di origine e di transito dei flussi di immigrazione, anche rispetto alle politiche dei visti. Tra l’altro, dopo averne verificati i presupposti, si è giunti anche all’estensione del regime di liberalizzazione dei visti al di sotto dei tre mesi, a favore della Serbia, del Montenegro e dell’Albania.

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