28 novembre 2012

Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità dell’ONU

Considerazioni e rilievi

di Franco Previte

Si avvicina il 6 dicembre 2012 nel quale ricorre il sesto anno dell’adozione della “Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità” ratificata dal Parlamento Italiano il 20 febbraio 2009 ed incarnata nella legge 3 marzo 2009 n.18. (speciale dossier) e pare giusto rievocare il “periodo” per la verità e la giustizia .

A ratificare la “Convenzione” nel 2006 la Santa Sede, dopo aver partecipato ai lavori per la stesura del Testo durata 5 anni, si è rifiutata di firmarla in quanto la stessa non prevedeva un esplicito divieto nei confronti dell’aborto .

Questo primo “rilievo” fu svolto da parte dell’Osservatore Permanente nell’ONU della S. Sede dell’epoca Mons. Celestino Migliore il 13 dicembre 2006.

Fin qui una parziale breve cronaca ed esposizione dell’avvenimento.
Il Testo è stato ritenuto utile, anche da parte vaticana, per il bene dei disabili, ma esaminando alcuni “punti”, questi erano e sono tutt’ora in contrasto con l’etica e la morale cattolica come gli articoli 23 e 25.

Mentre nel primo (23) è vero che si riconoscono i giusti diritti dei disabili alla “pianificazione familiare”, “all’educazione riproduttiva” ed ai “mezzi necessari per esercitare tali diritti”, nel secondo articolo (25) si garantisce l’accesso a tutti i servizi sanitari inclusi quelli nell’area della salute sessuale e riproduttiva .

24 novembre 2012

Pace e sicurezza in Albania e nei Balcani

di UPF-Albania

I leader dell’Albania, dei Balcani e dell'Europa si sono riuniti a Tirana per considerare "Il ruolo e l'importanza del popolo albanese per la pace e la sicurezza nei Balcani", una conferenza dell’UPF in occasione della celebrazione dell’anniversario dei 100 anni d’indipendenza dell'Albania (1912-2012).
Tra i delegati erano presenti tre ex presidenti di stato, due vice-ministri, il vice portavoce del Parlamento albanese, parlamentari dell'Albania e del Kosovo, capi di governo locali della Macedonia, l'Ambasciatore del Montenegro, l’ex ministro della Difesa dei Paesi Bassi, il presidente e segretario generale dell’UPF-Europe e altri importanti ambasciatori di Pace provenienti dal mondo accademico e politico. L’UPF internazionale era rappresentata dalla signora Tomiko Duggan dell’Ufficio Relazioni dell'Ambasciata di Washington, DC.
Ali Lacej, ex presidente dell’UPF-Albania e ambasciatore di Pace molto rispettato, ha sottolineato come i cittadini albanesi siano persone amanti della pace, nonostante la complicata situazione attuale dei Balcani.
L’On. Rexhep Meidani (Presidente dell'Albania, 1997-2002) ha affermato che le istituzioni sono cambiate più facilmente rispetto alle persone. Ha osservato che negli ultimi anni l'Albania si è trasformata in un paese che produce sicurezza esprimendo la speranza che all'Albania sia riconosciuto lo status di paese candidato a entrare nell'Unione europea. Questo è stato infatti un chiaro obiettivo della politica estera degli ultimi 20 anni.
L'oratore successivo è stato il Prof. Meidani del Kosovo, poi l’On. Fatmir Sejdiu (Presidente 2006-2010), ha parlato dei decenni di conflitti che seguirono il crollo dell'Unione Sovietica e la fine del blocco dell’Est nel 1990.

Pace e sicurezza nelle società multiculturali in un momento di crisi globale

Mosca, Russia.  06-07 Aprile, 2012

Dr. Thomas G. Walsh, Presidente  della Federazione Universale per la Pace

Discutendo di multiculturalismo, scopriamo che al suo centro c’è la tensione che esiste tra unità e diversità. Da un lato, si verificano i fenomeni di globalizzazione economica e l'ascesa di movimenti transnazionali, sia nella società civile che nel settore privato. Dall’altro lato, vediamo anche l’evidenza di una crescente tendenza verso l'affermazione delle identità particolari, accompagnata da una resistenza ad appartenere ad un insieme più grande. Queste tendenze comunitarie sono, in una certa misura, una reazione agli aspetti universalistici o di assimilazione della globalizzazione.
Trovare un giusto equilibrio può essere impegnativo. Da un lato, lo Stato deve difendere lo Stato di diritto e un equo rispetto per i diritti di tutti i cittadini. I gruppi etnici o minoritari hanno anche la responsabilità di rispettare l'autorità dello Stato, nonché i diritti degli altri individui e gruppi. I problemi sorgono quando uno Stato o qualsiasi particolare gruppo non è all'altezza delle proprie responsabilità.
E' molto importante che si possa affermare sia la diversità che il pluralismo culturale all'interno di un determinato paese, pur riconoscendo che l’importanza di ciò che ci unisce. Attingendo dalla mia esperienza personale negli Stati Uniti, vorrei suggerire che l'unità nazionale è rafforzata da due fattori: (1) Il concetto di "una nazione sotto Dio" ha continuamente ricordato agli americani, nonostante le molte battute d'arresto e difetti, e le diverse origini dei cittadini americani, che siamo tutti figli di un unico Dio. In altre parole, mentre le teologie ci possono dividere, l'idea di Dio, come origine unificante, ci può riunire. (2) Gli americani sono un popolo che non si è opposto ai matrimoni misti tra persone di varie etnie, nazionalità, religione. Questa accettazione della esogamia ha contribuito all'unità tra gli americani.
Aggiungendo un terzo punto, è altrettanto importante sviluppare il dialogo interreligioso. Lo sviluppo di programmi di studio nelle nostre scuole pubbliche e private che evitino polemiche interconfessionali a favore della promozione del rispetto, dell'apprezzamento, e della cooperazione delle diverse religioni nelle nostre nazioni diverse può essere una strada percorribile.
A causa dell’immigrazione, della facilità di movimento e delle comunicazioni siamo sempre più esposti alla pluralità di culture, nazionalità, religioni e ideologie politiche che compongono il nostro mondo e anche le nostre comunità locali. È importante che le persone facciano propria questa pluralità, evitando lo scivolamento nel relativismo culturale e morale che abbandona la ricerca della verità, dei valori assoluti, della giustizia e della pace.
La fine della guerra fredda ha portato una rinascita globale di entrambe le identità politiche e, spesso strettamente connesso, l’attivismo religioso. Trovare il modo di abbracciare la diversità tenendo però presente la necessità di un terreno comune e di valori altrettanto comuni è un imperativo. A questo proposito la società multiculturale deve rispettare lo stato di diritto e i legittimi governi democraticamente eletti. Il Governo a sua volta deve servire da mediatore giusto e onesto, deve garantire l’equo trattamento di tutti i cittadini a prescindere dalla loro religione, origine etnica, o culturale.
UPF ha sempre sostenuto il concetto di umanità come "una sola famiglia sotto Dio" per sottolineare la nostra comune umanità, la nostra comune origine spirituale e destino.

LE SFIDE DELLE SOCIETÀ MULTICULTURALI

Dott. Oleg Mironov
di UPF-Euroasia

Come ci si comporta con persone provenienti da nazioni diverse, soprattutto quando le differenze culturali, linguistiche ed etniche causano attriti che potrebbero degenerare? In una conferenza dell’UPF, avvenuta lo scorso aprile a Mosca, i rappresentanti di diversi paesi europei ed eurasiatici si sono incontrati per discutere di questa sfida in una conferenza sul tema "Pace e sicurezza nelle società multiculturali in un momento di crisi globale".
Una vasta gamma di relatori ha messo in evidenza le sfide della pace e della sicurezza nelle società multinazionali in Europa, Russia, e Eurasia. Il loro non era solo un ragionamento astratto. Secondo il parere dei partecipanti, ignorando la dimensione internazionale e interculturale si arriva alla pervasiva instabilità politica ed economica che provoca e alimenta conflitti e crisi. Pertanto, le attività volte alla pace nel campo delle relazioni internazionali e interculturali a volte svolgono il ruolo di cure d'emergenza: contribuiscono a guarire le ferite di guerra della storia, guidano verso la riconciliazione e l'armonia, e costituiscono la fondazione per l'interazione armoniosa tra le religioni e le culture.
I partecipanti alla conferenza, in rappresentanza di nazioni che si estendono dal Mare del Nord alle montagne del Pamir, hanno condiviso le loro esperienze e risultati in questo settore sensibile. L'ampia gamma di esperienze che comprende Austria, Paesi Bassi, Ucraina, Moldavia, Bielorussia, i paesi baltici, l'Asia centrale e il Nord russo ha contribuito a formulare meglio una visione generale dei valori europei, il carattere specifico della Russia, e il patrimonio comune dei popoli europei ed eurasiatici.
Durante la conferenza una serie di discussioni ha esplorato il significato dell'esperienza storica di Co-esistenza e Co-sviluppo dei popoli della Russia e dell'Unione Sovietica come parte integrante dell'esperienza della civiltà europea.

L'ira di Dio

La laicità come fondamento della pace

di Pino Rotta (direttore di Helios Magazine)

Si può uccidere nel nome di Dio? Secondo i teologi certamente no, ma la loro tesi è contraddetta dalle migliaia di pagine dei libri di storia che grondano sangue. Quindi a questa domanda, oggettivamente, si deve rispondere: sì, si uccide, da sempre, nel nome di Dio.
E' solo storia recente, sessanta anni circa, quella che vede una pace duratura e limitata all’Occidente. Sessanta anni senza guerre non sono certo dovuti al caso.
Nella modernità, in tutto l'Occidente (con un'anomalia tutta italiana) si sono instaurate democrazie in cui, tra i punti fondamentali sul piano costituzionale, vi è la separazione netta tra lo Stato e le Chiese. Libertà di culto ma divieto di ingerenza giuridica e, cosa non meno incisiva, principio di autofinanziamento delle chiese, tranne che in Italia, come si diceva, dove i soldi dei contribuenti, credenti e non credenti, elargiti a vario titolo alla Chiesa cattolica si aggirano (nessuna lo sa con certezza) a circa 8 miliardi di euro ogni anno.
Questa tradizione liberale, fondata su tre secoli di illuminismo, ha prodotto una coscienza civile in cui si è radicata la convinzione che, per quanto possano essere divergenti le proprie idee politiche e religiose rispetto a quelle degli altri, c'è un limite invalicabile: la mia libertà non può prevalere su quella di nessun altro.
Nei paesi in cui questi principi giuridici non si sono radicati, o addirittura non sono mai esistiti, come i paesi islamici o i paesi dell'ex Unione Sovietica, i diritti degli individui sono stati e, in molti casi continuano ad essere, sacrificati in nome di Dio (o dello Stato) e la violenza è la naturale evoluzione del conflitto.
Fino agli inzi del nuovo Millennio la Comunità internazionale si stava, seppur faticosamente, avviando verso un cammino di confronto multilaterale, con il ruolo centrale dell’ONU che mediava conflitti ed autorizzava interventi, ma dal 2003 tutto è precipitato nel vortice della scelta bellicosa ed unilaterale di George Bush.
Una scelta illegittima sul piano del diritto internazionale perchè adottata senza l’autorizzazione dell’ONU, ma anche devastante dal punto di vista del futuro politico ed economico dell’Europa e dei paesi che direttamente o indirettamente hanno interesse agli scambi euromediterranei.
Quella scelta, resa possibile dall’acquiescenza di governanti come Berlusconi, Asnar e Blair e del manipolo della cosiddetta coalizione dei “volenterosi” ha sancito un principio di fatto: non è il diritto a regolare i conflitti ma la predominanza militare.
Il risultato di quella scelta lo stiamo pagando tutti oggi in Occidente e nei paesi del sud Mediterraneo. Non solo per l’inefficacia della lotta al terrorismo, obiettivo peraltro poco credibile sin dal principio (si ricordi l’intervento all’ONU di Colin Powel che mostrava una finta fialetta di antrace per convincere il mondo del pericolo imminente!) ma per l’evidente risultato opposto della violenza che ha proliferato in tutta l’area che va dal nord Africa al Caucaso.
L’Europa uscita a pezzi politicamente da quella scelta è precipitata anche in una crisi economica grave ma diseguale anche all’interno della stessa Unione. Non a caso i paesi più forti ed oggi alla guida delle scelte europee per la ripresa sono proprio Germania e Francia che non accettarono di scendere in guerra in Iraq.
Ma gli effetti di questi anni violenti si stanno manifestando anche sul piano sociale con una pericolosa rinascita, praticamente in tutti i paese europei, di movimenti e partiti neonazisti, razzisti, exenofobi e, comunque, contrari all’unità politica dell’Europa.
La storia come sappiamo non si fa con i se e con i forse, ma immaginiamo come sarebbe stata la situazione con un’Unione Europea unita e forte e legata da comuni interessi di sviluppo e scambi culturali con la ormai moribonda Unione Africana.
(* - per approfondire: J. Habermas, L’Occidente diviso, Edizioni Laterza)

Aumentano le migrazioni verso l’Italia

di Francesco Fravolini

Il numero degli stranieri che arriva in Italia è in costante crescita. Le nuove frontiere del mondo globalizzato incidono sugli spostamenti delle persone, specialmente in un Paese dalla forte attrazione turistica come l’Italia. La società risente di questi mutamenti, in grado di stravolgere le relazioni sociali del popolo italiano. La famiglia si allarga, entrano nuove persone che condividono la storia e le tradizioni culturali dell’Italia. È auspicabile una maggiore integrazione e una spiccata sensibilità degli italiani verso i migranti, al fine di condividere il sapere del Bel Paese con altre etnie, magari completamente differenti dal pensiero e dalla filosofia italiana. Una simile condivisione può accrescere la cultura perché il confronto con le altre filosofie di pensiero diventa una nuova frontiera del sapere. Secondo i risultati dell'indagine campionaria sul turismo internazionale condotta dalla Banca d’Italia (dati riferiti al 2009), in media, ogni giorno, entrano in Italia circa 200.000 cittadini stranieri, per lo più turisti. Nell’attuale crisi economica questi flussi costituiscono una fondamentale risorsa per il Paese, tanto che nell’aprile 2011 il Ministero degli Affari Esteri e l’Enit - Agenzia Nazionale del Turismo - hanno siglato un accordo di collaborazione per rafforzare il flusso turistico estero verso l’Italia e potenziare le opportunità per l’imprenditoria italiana, nell’ambito di una strategia volta a valorizzare il Sistema Italia. Tra le sedi prioritarie figurano le Ambasciate d’Italia a Mosca, Pechino e Nuova Delhi, così come i Consolati Generali d’Italia a Mosca, San Pietroburgo, Canton, Shangai e Mumbai. Nel vortice complessivo del movimento del popolo dei viaggiatori si inseriscono, a pieno titolo, gli immigrati. Il tour di queste persone è motivato da cause riguardanti il lavoro, la famiglia, lo studio, la religione, la cura, la residenza elettiva. A fotografare la situazione degli immigrati è l’ultimo Rapporto EMN, uscito a marzo 2012.

Mediterraneo: scenari di tensione e ricerca di nuovi equilibri

Segnato da forti tensioni e profonde divisioni, che pongono parecchi interrogativi, lo spazio mediterraneo è teatro di complessi cambiamenti, il cui esito appare tuttora incerto
 
di Emilio Asti

Oggetto di parecchie analisi e riflessioni, spesso però condotte senza tener conto di importanti fattori, il Mediterraneo, sul cui futuro pesano diversi interrogativi, si presenta come uno scenario complesso, caratterizzato da una grande varietà di forme politiche e sociali ed attraversato da spinte contrastanti.
Europa, Africa ed Asia Minore si affacciano su questo mare, che riveste un'importanza di gran lunga maggiore rispetto alla sua superficie, e nel quale sono state scritte pagine di storia molto importanti.
Parlando del Mediterraneo occorre anzitutto ricordare che in uno spazio ristretto, nel quale convivono fedi e culture diverse, benessere e povertà si fronteggiano a breve distanza. Al di là della semplice realtà geografica, il Mediterraneo non potrebbe essere definito  una regione nel senso proprio del termine, in quanto tra le sue sponde persiste  una profonda frattura in termini economici e sociali, con modelli di sviluppo molto diversi tra loro. Nel nuovo contesto venutosi a creare  in seguito al crollo del sistema bipolare, la contrapposizione  economica e politica tra Nord e Sud, che viene spesso fatta coincidere  con quella tra Occidente ed Islam, assume una dimensione drammatica. Sarebbe complesso esaminare tale questione nei suoi diversi aspetti, basta solo ricordare che proprio nel bacino mediterraneo, nel quale si intrecciano antichi odi e ricordi di aspirazioni soffocate, tale divisione si evidenzia in tutta la sua drammaticità.
Mai come oggi lo spazio mediterraneo, esposto a tutti i mutamenti sopravvenuti dopo la fine della guerra fredda, appare spazzato da un'ondata di rivendicazioni e nazionalismi, spesso mal compresi in Occidente, oltre a rivendicazioni che continuano ad alimentare forti tensioni.

BANGLADESH: EMERGENZE CONTINUE

Anche i muri hanno una porta (A. Camus)

Una lunghissima barriera di filo spinato di 3300 km corre tra India e Bangladesh, in un territorio dove quotidianamente masse di poveri bangladesi cercano di fuggire con ogni mezzo.

di Carlo Alberto Tabacchi

Regione orientale del Pakistan fino a dicembre 1971, il Bangladesh ha raggiunto la piena indipendenza in seguito alla guerra di secessione combattuta con il sostegno dell'India. E' il terzo paese a maggioranza musulmana più popoloso del mondo (162 milioni di abitanti), con capitale Dacca (12 milioni di persone) ed un territorio di 130
mila kmq.
Condivide la quasi totalità dei suoi confini terrestri con il gigante indiano, il restante confine è con Myanmar per circa 100 km. La frontiera terrestre ed in parte acquifera con il vicino indiano si snoda per oltre 4000 km e Nuova Delhi dal 2000 ha cominciato a costruire una protezione di filo spinato (chiamata "zero line") di 3300 km. Per giustificarla, gli indiani rispolverano vecchie paure nazionaliste: le grandi folle di immigrati rubano loro il lavoro, i profughi destabilizzano l'equilibrio etnico e religioso alquanto fragile, il terrorismo internazionale si serve di Dacca come retroguardia per consentire agli estremisti islamici di compiere attentati e missioni suicide per aiutare gli indipendentisti dell'Assam.

Min-ghu-la-ba ( Ciao!) Min-ga-la-ba!

La fortuna di essere maestro (Hsaya) per qualche
giorno in una scuola pubblica birmana.


di Giuseppe Malpeli

“Ming- guh- la ba!”(ciao!) è il primo saluto che tutti i bambini e le bambine si affollano a regalarmi appena entro nella scuola pubblica del quartiere più povero di Rangoon ex capitale della Birmania. Dopo tanti anni di visite nel Paese, incontri politici anche di alto livello, avventure di ogni tipo, finalmente ho ottenuto nel mese di agosto il permesso di visitare una scuola pubblica. Non è stato facile, come non è facile in tutti quei Paesi dove l’istruzione è diventata per motivi diversi ostaggio dei governanti.
Un rapporto dell’Unicef mostra come in Birmania che quasi il 40 per cento dei bambini frequenta la scuola e quasi tre quarti non riescono a completare l’istruzione primaria. Nonostante anche nell’attuale Costituzione si faccia esplicito riferimento agli obiettivi della Dichiarazione Mondiale su “Istruzione per tutti”, l’accesso effettivo dei bambini e delle bambine è ancora molto limitata.
Gli studenti sono sempre stati protagonisti e profondamente coinvolti nelle vicende politiche birmane. Proprio per questo il sistema educativo si è rapidamente deteriorato in tutto il paese, fino alla chiusura di molte scuole e prestigiose Università per la paura di rivolte contro la giunta militare. Il budget annuale assegnato all’istruzione e alla formazione da parte del governo è molto basso, mentre gran parte delle risorse economiche sono state impiegate per rafforzare le strutture militari e di controllo.

Ignoranza diffusa produce paura e inevitabile diseguaglianze sociali ed economiche.

Ci entro nella scuola, nell’unica giornata di sole e di caldo dopo un lungo periodo di piogge monsoniche intense e violente. Nulla avviene per caso, anche il tempo meteorologico sembra accompagnare il tempo politico del cambiamento in Birmania.
La Teologia Dell’Unificazione

Com'è noto la base dottrinale della Chiesa dell’Unificazione è costituita dal Principio Divino, la rivelazione ricevuta dal Rev. Moon nei primi anni della sua missione in Corea. In anni più recenti la dott.ssa Young Oon Kim ha scritto la "Teologia dell’unificazione" che intende mostrare come la visione del Principio Divino s’inserisce nell’ambito delle teologie tradizionali. Riprendiamo alcune brevi parti del suo libro.
 
di Young Oon Kim
LA REALTÀ DI DIO
La Teologia dell'Unificazione è molto diversa dalla maggior parte delle interpretazioni tradizionali della fede cristiana perché parte dalla constatazione dell'esistenza di una polarità nell'universo come indicazione principale per comprendere la natura essenziale di Dio.
Come possiamo conoscere Dio? Dio si manifesta in due modi: attraverso la natura e attraverso l'uomo. Alcune delle grandi religioni del mondo, come ad esempio l'Induismo, si fondano sulla consapevolezza e l'apprezzamento, sul rispetto di tutta la vita che deriva dalla bellezza, dall'ordine e dalla maestà del creato.
Altre invece, come il Giudaismo e il Cristianesimo, si possono definire religioni che pongono al centro l'uomo piuttosto che il mondo. Per i cristiani e gli ebrei Dio si rivela quando studiamo noi stessi; poiché l'uomo è fatto a immagine di Dio, se contempliamo il mondo dell'esistenza umana possiamo riconoscere la Sua realtà e natura.
La dottrina della polarità divina, tuttavia, non deve essere vista come una novità eccentrica della Teologia di Unificazione, ma piuttosto come una riaffermazione di una valida intuizione teologica presente sia nei tempi antichi sia in quelli più recenti.
Citerò alcuni esempi:
Il Confucianesimo classico e il Taoismo interpretano il mondo come un’espressione dell'Essere Supremo che si manifesta attraverso le dualità complementari dello yang (maschile) e dello yin (femminile). L'Induismo esprime la polarità divina in due forme: il santo matrimonio fra Siva e Sakti e l'unione romantica del Dio Krishna con la pastorella Radha che, uniti in un amore eterno, diventano i genitori di tutta l'umanità.
Perfino gli ebrei, che per tradizione hanno un concetto essenzialmente maschile di Dio, riconobbero anche l'aspetto femminile della divinità: secondo studi recenti, durante la maggior parte del periodo monarchico, pare che gli Israeliti abbiano adorato sia Yahweh che la sua Sposa, chiamata Astarte o Asherah, la regina del Cielo, e che invocassero sia la benedizione del loro sovrano guerriero, il Dio degli eserciti, che quella della Madre Terra.

23 novembre 2012

Si radunano in Cinquantamila per dire addio al Dott. Sun Myung Moon

Dott. Michael Balcomb, UPF international
Sabato 15 settembre 2012
Il Rev. Sun Myung Moon, il leader religioso fondatore della Chiesa dell'Unificazione e dell’Universal Peace Federation, è stato sepolto il 15 settembre in una zona di montagna poco fuori Seul, in Corea del Sud, il Paese che Padre Moon ha amato profondamente.
Oltre alle 50.000 persone riunite sia nello Stadio Cheongshim che all’esterno, un portavoce della Chiesa di Unificazione ha affermato che, in base ai dati in suo possesso, vari milioni di persone hanno partecipato alla cerimonia seguendola via web o via satellite in oltre 100 nazioni.
Dopo la lettura di una selezione dei messaggi di sostegno e di cordoglio ricevuti da parte di leader coreani e di varie nazioni, è iniziata la cerimonia. Il corpo di Padre Moon, che si trovava da otto giorni in una piccola cappella presso il vicino Museo Cheon Jeong Goong, è stato trasportato allo Stadio. Lì lo attendevano i partecipanti alla cerimonia: donne vestite in bianco e uomini in abito scuro e cravatta bianca.

Un uomo solo al comando

La sua è stata la solitudine di chi prende responsabilità per gli altri, la solitudine di chi si trova per nascita, per mandato celeste e per decisione propria, in cima alla montagna, ad aprire la strada per gli altri.

di Giuseppe Calì
“Un uomo solo al comando” questo gridava al microfono il telecronista sportivo quando vedeva spuntare Fausto Coppi in cima alle montagne, lasciandosi dietro tutti gli altri, che non potevano resistere alla sua forza e al suo talento. Sono stato appassionato di ciclismo nella mia giovane età, perlomeno fino a che le sostanze dopanti non ne hanno oscurato la bellezza. Coppi è stato il mio mito e non solo perché vinceva, non solo per il suo straordinario talento, ma anche per la sua capacità di soffrire senza batter ciglio, la determinazione a vincere contro se stesso prima che con gli avversari. È stato, secondo me, l’incarnazione del vero atleta che si dedica anima e corpo all’ideale sportivo ed umano che sentiva suo e di cui si sentiva parte.
Ho sempre ammirato le persone così e per questo ho deciso parecchi anni fa di seguire il reverendo Moon. Lo sport è metafora della vita. La vita è spesso simile a un’impresa sportiva, a una lunga corsa, con momenti di sprint e momenti di crisi. Ci sfida ad affrontare gioie e sofferenze senza perdere noi stessi e gli obiettivi primari della nostra esistenza. Ci chiede tutto, ma anche ci da tutto, ci glorifica e nello stesso tempo ci umilia, ci rende vittoriosi ma anche ci schiaccia sotto un peso insopportabile. La costante è la forza interiore che ci spinge a cercare noi stessi, a cercare l’amore, a cercare la pace dentro e fuori di noi, anche se spesso confondiamo tutto ciò con una nebbia di cose inutili e senza senso, come atleti che deviano dal percorso. Chi poi decide di dedicarsi agli altri, decuplica l’impegno, perché non è più riferito soltanto a se stesso, non più responsabile soltanto delle proprie cose, ma gioie e dolori dipendono dalla relazione con l’ambiente ed il prossimo, dall’accettazione o dal rifiuto che inevitabilmente derivano dal perseguire le proprie convinzioni e la propria idea di vita. È in questo ambito che emerge il carattere vero di una persona, la sua forza, i suoi sentimenti. Non credo siano molti coloro i quali vivono veramente in questo modo. Oggi sappiamo bene che molte personalità pubbliche, in realtà di pubblico hanno ben poco e i modelli che trasferiamo potentemente ai nostri giovani sono perlopiù individualistici.

La violenza contro le donne

25 novembre 2012 ricorre la 13° “Giornata Internazionale per l’eliminazione delle violenze contro le donne”

di Franco Previte

 L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite istituì nel 1999 la “Giornata Internazionale per l’eliminazione delle violenze contro le donne”, dove era ed è inderogabile per ogni connivenza sociale proseguire nella riflessione di questo, ormai, deplorevole fenomeno che quasi giornalmente avviene in ogni Paese.

La lotta contro la violenza sulle donne, oggi, si è spostata con estrema escalation nelle famiglie ed ora anche contro i bambini, disabili, emarginati e persone indifese.

La rievocazione che avviene il 25 novembre di ogni anno, nel contesto della questione femminile, è dovuta anche per la conseguenza derivante da un lungo ciclo di scarso protagonismo culturale, sociale e politico della donna.

Una strutturale subalternità dei bisogni della stessa rispetto alla logica dello sviluppo sociale, con l’obiettivo di contribuire a colmare quei scompensi e costruire una situazione di parità attraverso itinerari capaci di valorizzarne le naturali specificità a beneficio dell’intera società.

16 novembre 2012

E' uscito il numero di Novembre di Voci di Pace

Il Numero di Voci di Pace di Novembre 2012 in formato PDF lo potete trovare al Link https://www.dropbox.com/s/ryalve9eq10u5oz/N.17VdP_2012.pdf

Pace e Sicurezza

L’Ufficio Pace e Sicurezza della UPF, diretto dal Dott. Antonio Betancourt e da Bill Selig come assistente, da tempo organizza presso la sede del giornale Washington Times, dei forum mensili riunendo diplomatici, analisti e studiosi esperti in questioni d’interesse internazionale. Quelli che seguono sono degli estratti delle relazioni illustrate in quattro forum.

di William Selig

LA PRIMAVERA ARABA: UN ANNO DOPO
Il forum “La Primavera Araba” si è tenuto il 29 febbraio in occasione del primo anniversario degli eventi in Egitto che hanno rovesciato il regime di Mubarak. Il tema si è rivelato essere molto complesso. I giovani, che rappresentano il 70 per cento della popolazione nel mondo arabo, reagiscono in modo diverso rispetto alle vecchie generazioni.
La Tunisia sembra abbia raggiunto dei risultati molto promettenti, mentre l'Egitto ha mantenuto una leadership militare e i partiti islamici hanno conquistato la maggioranza dei voti alle elezioni. Lo Yemen ha visto pochi cambiamenti nell’anno passato, nonostante le sue rivolte e le dimissioni del suo presidente. La Libia, senza più Gheddafi, è ora divisa tra le varie tribù rivali. La Siria sembra incapace di riformarsi  e il presidente Bashar Assad non ha le risorse per sopravvivere le attuali circostanze. La Turchia ha una ruolo centrale al fine di risolvere la crisi della Siria ed può essere la chiave di svolta per l'intera regione. Si percepisce che gli Stati Uniti stiano cercando di bilanciare interessi e valori: ciò spiega il motivo per cui hanno appoggiato la primavera araba, nonostante l’appoggio garantito ad alcune monarchie della regione.
L'aumento dell’islamizzazione politica nella regione non è visto come una minaccia, ma come un processo naturale seriamente frainteso in Occidente. C'è grande discussione sui partiti islamici come i Fratelli Musulmani in Egitto, così come i salafiti più radicali: I Fratelli Musulmani dell’Egitto, piuttosto moderati, e il Movimento Ennanda in Tunisia sono diventati attori importanti nelle forze di governo attuali, facendo perdere terreno ai salafiti, gruppi più radicali.
I partecipanti al Forum hanno convenuto che l'Occidente non deve temere il processo naturale di acculturamento che si verificherà quando islamisti e laici si troveranno insieme a discutere nella ricerca di un buon governo. L’occidente non dovrà aspettarsi che la cultura araba scimmiotti la sua teoria sociale ma promuovere lo sviluppo di un sistema giudiziario funzionante. Resta un interrogativo importante se queste società arabe si trasformeranno attraverso nuovi valori e nuove idee o finiranno per ritornare alle tradizionali norme culturali.
Anche se le donne sono state delle catalizzatrici importanti della prima fase rivoluzionaria e lo scorrere  del tempo ha permesso ai risultati delle sommosse di consolidarsi, ora vengono arginate: per loro, entrare nell’arena politica, è quasi impossibile.

Criminalità transnazionale NELLE AMERICHE

Il Forum del 14 marzo si è focalizzato sulla difficile e controversa questione della criminalità transnazionale, di cui fa parte non solo il traffico di merci (armi e droga), ma anche il traffico di esseri umani. Questo problema già da tempo si è evoluto, passando da problema nazionale a problema internazionali. Gli attori principali sono organizzazioni criminali transnazionali con networks e collegamenti a gruppi terroristici internazionali, e a gruppi di estremisti islamici dell’Afghanistan e dell’Iran. Un enorme quantità di potere economico e politico è sotto il loro controllo in Guatemala, El Salvador, Honduras, Nicaragua, rendendo alcune di queste nazioni impotenti e, secondo il parere degli esperti, esempi di democrazie fallite. Il crimine organizzato transnazionale è un fenomeno multiforme. Si manifesta con la tratta di persone, armi da fuoco, stupefacenti, attività di riciclaggio di denaro sporco, e una serie impressionante di altre attività deplorevoli.
Queste organizzazioni criminali transnazionali hanno trovato promettenti basi di appoggio in alcune delle nazioni più povere e vulnerabili delle Americhe come El Salvador, Guatemala e Honduras.
Attraverso la globalizzazione e l’ampliarsi del commercio internazionale, la gamma delle attività della criminalità organizzata si è diversificata e ingigantita. Le organizzazioni gerarchiche tradizionali sono state sostituite da reti più flessibili che lavorano insieme al fine di sfruttare le nuove opportunità di mercato (un esempio è il contrabbando). La globalizzazione permette a questi gruppi di individuare, comunicare, e soddisfare le esigenze dei propri clienti degli Stati Uniti, in Europa e in tutto il mondo, con grande facilità. Network criminali messicani reclutano sicari addestrati da gruppi di soldati disoccupati, e bande giovanili delle regioni dell’America centrale per il trasporto di droga, per eseguire e monitorare sequestri  e tanti altri lavori di “manodopera”.
La maggior parte dei governi dell’America Centrale sono mal equipaggiati per affrontare questi problemi. Le organizzazioni criminali hanno messo in ginocchio gli enti delle forze dell'ordine, gli sforzi del governo, le imprese e gli investimenti economici a tutti i livelli. Il prossimo 14 e 15 aprile a Cartagena, in Colombia, 34 capi di Stato e di governo dell'emisfero occidentale s’incontreranno per discutere come garantire la sicurezza dei cittadini, il benessere, e come affrontare le piaghe che colpiscono le loro nazioni. Per quanto riguarda la criminalità organizzata, un programma ben definito coordinato al più alto livello, oltre alla cooperazione regionale, sarà la chiave per superare le sfide in questo campo così in difficoltà. I partecipanti al Forum hanno sollecitato che la criminalità organizzata transnazionale sia affrontata direttamente e in maniera integrata per permettere che le soluzioni intraprese possano essere attuate in modo tempestivo.

Cooperazione per la sicurezza nel sud-est: ASIA E OCEANIA
Il Forum del 25 aprile ha discusso le prospettive di un sistema di sicurezza collettivo per il Sudest asiatico e l'Oceania al fine di affrontare le minacce tradizionali e non tradizionali alla sicurezza, che vanno dall'aggressione locale all’ascesa della Cina, dal terrorismo internazionale alle controversie interstatali marittime dalla pirateria alla sicurezza delle rotte marittime di comunicazione, dalle cyber-war ai disastri naturali alle malattie transnazionali, ecc.
Dagli anni ‘50 fino al 1970, gli Stati Uniti hanno cercato, senza riuscirvi, di aiutare Sud-Est asiatico a mantenere la propria indipendenza contro il comunismo internazionale. L'approccio dell’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN) è quello di disincentivare azioni da parte di singole nazioni, ma incoraggiare la collaborazione e il sentimento di appartenenza a una stessa comunità.
L’Establishment politico di Washington è diviso tra chi vede la Cina come la prossima minaccia geopolitica e quindi richiede una forte presenza navale nel Mar Cinese Meridionale e quelli che si oppongono a questo approccio di demonizzazione della Cina. Sebbene gli Stati Uniti stiano trasferendo 200 marines a Darwin, sulla costa settentrionale dell'Australia, e altre 2.300 unità arriveranno entro il 2014, alcuni sostengono che sia meglio portare la leadership cinese in una rete di reciproci interessi piuttosto che di  spingerla verso un confronto.
Gli Stati Uniti hanno anche incoraggiato un ruolo maggiore dell’India nell’asia orientale  e nel Sud-Est. Il ruolo India è passata da semplice partner commerciale, a un protagonista nel mantenimento della sicurezza. Con la richiesta di energia in rapida crescita in Cina, Giappone, Corea del Sud e Sud-Est asiatico, il passaggio attraverso il Mar Cinese Meridionale acquista sempre maggiore importanza strategica poiché le spedizioni di energia dal Medio Oriente devono passare attraverso questa zona. Inoltre, il Mar Cinese Meridionale ha notevoli riserve di gas e petrolio.
L’ASEAN (Associazione delle nazioni del Sudest asiatico) riflette il modo di pensare collettivo asiatico, che è meno bellicoso e meno pronto ad agire unilateralmente come una singola nazione, ma preferisce agire per la costruzione del consenso regionale. Oltre a cercare di mantenere la pace regionale e favorire la crescita economica, promuove anche la stabilità e la libertà di navigazione. I partecipanti al Forum raccomandano che la comunità delle nazioni incoraggi un approccio di non intervento e una risoluzione non violenta dei conflitti attraverso un consenso che parta dal basso.

La TERZA GENERAZIONE della Corea del Nord

Il programma del Forum del 23 maggio ha coinvolto esperti come il dottor Alexandre Mansourov dell’Università John Hopkins, il dottor Nicholas Eberstadt dell’American Enterprise Institute, Bonnie Glaser Senior Fellow del Centro studi strategici e internazionali (CSIS), il Dott. Larry Niksch, Senior Associate CSIS, Stephen Costello, ex rappresentante di Kim Dae Jung a Washington, Norbert Reiner della Fondazione dei veterani della Guerra di Corea, e Stephanie Williams, laureata  all’American University, ed ex analista di lingua coreana per la US Air Force.
Alexandre Mansourov, la cui esperienza politica in Nord Corea è magistrale, ha detto che c'è molta più incertezza su chi comandi nella Corea del Nord di quello che gli esperti sono disposti ad ammettere pubblicamente. Negli ultimi cinque mesi da quando Kim Jong Un è al potere, ci sono stati tanti cambiamenti e innovazioni politiche. Nelle ultime sei settimane, c'è stata un rinnovamento  drammatico della squadra di Kim Jong Il: 5 delle 7 persone che accompagnano il carro funebre di Kim Jong Il, al suo funerale, hanno perso il loro potere e la loro influenza.
Il Dott. Niksch ha commentato il tentativo fallito denominato "Deal Leap Day", in cui gli Stati Uniti avrebbero fornito una consistente assistenza nutrizionale per i bambini nord coreani, se non fosse stato per il lancio fallito di un missile nord coreano a metà aprile che ha fermato la spedizione. Si è convenuto che, se la Corea del Nord non condurrà un terzo test nucleare nelle prossime settimane, ci potrà essere la possibilità di lavorare con il regime.
La signora Glaser ha commentato come il governo cinese sia preoccupato di perdere la sua influenza sul Nord Corea.. Paradossalmente, la Corea del Nord può avere più influenza sulla Cina che viceversa.
Per quanto riguarda la possibilità per l'amministrazione Obama di mandare un inviato di alto livello in Nord Corea, il signor Costello ha detto che è prematuro. Ha detto che nessuno nell'Amministrazione è disposto a intraprendere tale battaglia (tra l'agenzia e il Congresso) che occorrerebbe se gli Stati Uniti cercassero di coinvolgersi in modo più costruttivo.

10 novembre 2012

Sudan-Sud Sudan / Ratificato l’accordo di Addis Abeba

A metà ottobre i parlamenti di Sudan e Sud Sudan hanno ratificato l’accordo di cooperazione siglato a fine settembre. Secondo la comunità internazionale, che ha accolto positivamente l’intesa raggiunta, l’accordo pone alcune basi per risolvere pacificamente le questioni rimaste insolute dopo l’indipendenza del Sud Sudan.
I dettagli dell’accordo. Tra i principali punti previsti vi è l’istituzione di una zona neutrale demilitarizzata a 10 km lungo la linea di confine tra i due stati, teatro di sanguinosi scontri. Questa misura dovrebbe garantire maggiore sicurezza e stabilità soprattutto alla popolazione civile. L’accordo segna un passo in avanti anche sulla rovente questione petrolifera. Prevede, infatti, il pagamento di circa 3 miliardi di $ in tre anni da parte del governo sudsudanese alla controparte sudanese, come forma di risarcimento per la perdita delle rendite petrolifere subite in seguito all’indipendenza del Sud Sudan. E’ stata inoltre fissata a 9 $ al barile la tassa per il trasporto del greggio sudsudanese attraverso gli oleodotti del Sudan, questione che aveva fatto precipitare le relazioni tra i due stati e aveva portato il Sud Sudan a bloccare le estrazioni petrolifere lo scorso gennaio [vedi Newsletter 93 febbraio 2012].

Ma perché tanti perché richiesti alle Istituzioni!



di Franco Previte
Le domande che il cittadino in questi “frangenti” in cui si dibatte la società sono molte, quasi disperate, ma quello che colpisce di più l’opinione pubblica sono quelli che riguardano le persone deboli ed indifese, soprattutto il mondo della disabilità.
Per il bene di tutti, dobbiamo sapere:
Dove sta andando l’Italia tutta presa da una “bolgia infernale” nella quale si smarrisce il senso del bene comune (parola strausata da ogni parte!) e della vita quotidiana, dove va aumentando il permissivismo smodato, il relativismo scioccante, l’egoismo davvero aberrante, che dilaga, modifica e mortifica la dimensione etica della vita:
Per conoscere la verità ed il limite della giustizia, nonostante si spengano le luci causate da una crisi economica incombente;
Per conoscere quale sorte ha il mondo della sofferenza ignorato e sul quale, sempre, cala il sipario il teatrino della politica;
Per conoscere quale tutela hanno i diritti di questi “desaparecidos della n/s civiltà” emarginati dalla vita da una società sempre più relativa;
Per far conoscere, alle Istituzioni tutte, quanto domandano le famiglie che “vivono” in un vero dramma di emergenza e richiedono opportune modifiche legislative, ed in ultimo quale garanzia e sicurezza hanno tutti i cittadini , ed altre, Oh! quante altre “richieste”!

7 novembre 2012

Come la pace nel mondo può essere realizzata

"Grazie al loro genio scientifico, gli uomini hanno trasformato il mondo. Hanno sfruttato la natura e prodotto grandi civiltà; ma non hanno mai realmente imparato a vivere assieme. Hanno creato soprattutto dei valori materialistici e i valori spirituali sono stati relegati sullo sfondo. Nell'era atomica, questa potrebbe rivelarsi la debolezza fatale dell'umanità".
Ralph Bunche, Premio Nobel per la pace 1950. Docente universitario e diplomatico americano. Primo americano nero a ricevere il premio Nobel per la pace. Nel 1946 diventa funzionario dell'ONU.

Il 27 novembre 1980 a Miami, Florida il fondatore della International Cultural Foundation poi anche della nostra Universal Peace Federation nel 2005, il Dott. Rev. Moon, ha pronunciato un importante discorso davanti ad eminenti scienziati provenienti da tutte le parti del mondo. Le sue considerazioni sono molto interessanti e attuali. Riproponiamo qui quella relazione.

Il ventesimo secolo ha visto un incredibile miglioramento delle condizioni della vita umana, un fatto possibile dovuto agli straordinari progressi della scienza. Allo stesso tempo è stato anche il secolo dei conflitti mondiali e della confusione morale. Lo sviluppo della conoscenza scientifica e della civiltà ha, da un lato, permesso alle persone di poter avere una vita abbondante di comodità. Dall’altro lato ha dato luogo a problemi a livello globale come la distruzione dell’ambiente e della natura, l’effetto serra, la riduzione dello strato d’ozono. Problemi gravi sono emersi anche sulla condizione umana. La famiglia è stata distrutta nel processo dell’industrializzazione e modernizzazione: problemi seri come le droghe e l’AIDS, la violenza e il crimine, ci avvertono che l’umanità sta affrontando una crisi senza precedenti.

Le persone sono sempre alla ricerca della pace e della felicità in molti modi. Comunque, loro non hanno trovato soddisfazione alle loro aspirazioni.

La pace mondiale non si è realizzata nonostante gli sforzi mondiali della Lega delle Nazioni ed, inseguito, delle Nazioni Unite; stabilite per prevenire ulteriori conflitti dopo le due guerre mondiali. Nemmeno attraverso gli sforzi di organizzazioni religiose, un mondo di felicità è stato realizzato. Gli ideali del comunismo internazionale e dei sogni del fascismo, sono andati a vuoto nel tentativo di promuovere un mondo ideale. Nonostante il grande sviluppo tecnologico e lo sforzo politico non sono stati in grado di portare pace e felicità all’umanità.

Anche oggi in molte aree del globo ci sono conflitti molto aspri…
La pace e la felicità umana dipendono dallo sviluppo morale e spirituale delle persone. Questo, perché la pace mondiale, o la pace nella nazione è realizzata da individui e famiglie. La scienza e lo sviluppo tecnologico possono essere usati per uno scopo buono – per il miglioramento della vita umana – quando questo avviene esse sono utilizzate da brave persone.

Birmania/ Barroso chiede stop delle violenze e offre aiuti

Il presidente della Commissione Ue in visita a Rangoon

Rangoon, 4 nov. () - Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, in visita in Birmania, ha chiesto la cessazione delle violenze tra buddisti e musulmani nello Stato Rakhine (nell'ovest del paese), e si è impegnato a fornire aiuti umanitari, al termine di un colloquio con il presidente birmano Thein Shein. A Rangoon Barroso ha inaugurato un centro per la pace dell'Unione Europea.

Oltre 110.000 persone sono state costrette a lasciare le proprie case dopo le prime violenze dello scorso giugno nello Stato Rakhine, riprese poi in ottobre provocando la fuga di altre 30.000 persone. Decine di persone sono inoltre morte e centinaia di case sono state bruciate. La gran parte degli sfollati è composta da musulmani Rohingyas, una minoranza musulmana considerata dall'Onu una delle più perseguitate del pianeta. Dopo la visita in Birmania, Barroso sarà domani in Laos per partecipare al vertice Asia-Europa (Asem).

TMNews | 04 novembre 2012

Myanmar: Terzi, apprezzamento per riforme democratiche

Roma - Il Ministro degli Esteri Terzi ha incontrato oggi alla Farnesina il Ministro degli Affari Interni della Repubblica dell'Unione del Myanmar, Ko Ko, a Roma per partecipare all'81esima Assemblea Generale dell'Interpol. Lo comunica, in una nota, la Farnesina.

Il Ministro Terzi ha ribadito al Ministro Ko Ko l'apprezzamento dell'Italia per le riforme in senso democratico intraprese dal Governo birmano, ricordando l'impulso italiano alla decisione dell'Unione Europea di sospendere il regime sanzionatorio al fine di incoraggiare il processo di riforma democratica del Myanmar.

Il titolare della Farnesina ha sottolineato che ''l'Italia intende valorizzare in sede europea i positivi sviluppi del processo di democratizzazione della società e della politica birmane, per orientare positivamente l'imminente dibattito sulle sanzioni, nella convinzione che il processo di riconciliazione nazionale in corso possa proseguire e consolidarsi, in particolare garantendo uguali diritti ed opportunità a tutte le componenti etniche e religiose del popolo birmano''.

In tale contesto, conclude la Farnesina, Terzi ha ribadito che da parte italiana vi è la volontà di ''sostenere lo sviluppo economico e sociale del Myanmar, sia attraverso attività di formazione e di cooperazione allo sviluppo, che promuovendo l'intensificazione dei rapporti commerciali bilaterali''.




Agenzia di Stampa Asca | 05 novembre 2012

46° Giornata Mondiale della Pace 2013. La pace nel mondo per lo sviluppo della vita umana

di Franco Previte
Il Santo Padre Benedetto XVI° nell’ottavo Messaggio per la celebrazione del 1° gennaio 2013 della “Giornata Mondiale per la Pace” nella tematica “Beati gli Operatori di Pace” ha voluto incoraggiare tutti per rendere efficace la costruzione della pace, nei diritti fondamentali della libertà di coscienza, di espressione, di libertà religiosa, concetti in pericolo e consequenziali della crisi economica.
 
“Libertà religiosa, via per la pace” sottolinea il Santo Padre, pace nella quale tutti i popoli devono ambire per la conservazione della libertà, soprattutto religiosa.
 
Il concetto che il Santo Padre spesso sostiene, ricordando il 50° anniversario del Concilio Vaticano II° e l’Enciclica di Papa Giovanni XXIII° Pacem in Terris, mira all’essere umano, alla dignità dell’uomo, al servizio di ogni uomo senza discriminazione alcuna e con l’obiettivo del bene comune sul quale si fonda la giustizia e la vera pace.

Monza: trofeo della pace 2012


di Carlo Chierico
       
Per la prima volta al Trofeo della Pace hanno giocato le donne: nell'ambito della rassegna "Ottobre insieme
2012" del Comune di Monza, si è tenuto un torneo interetnico di pallavolo femminile, organizzato congiuntamente dalla UPF Universal Peace Federation, insieme all'Associazione dei Giovani Musulmani d'Italia e alla Federazione delle Donne per la Pace nel Mondo.
E si è tenuto a Monza, in giornata unica domenica 28 ottobre, anche grazie alla collaborazione della UISP l'Unione Italiana Sport per Tutti e con il fattivo contributo del Preside prof. Enrico Danili, che ha messo a disposizione la palestra della scuola Achille Mapelli.
Sei le squadre partecipanti a questa prima edizione: la Mapelli, formata da giocatrici della scuola dove
si è tenuto il torneo; la Floriani, con giocatrici dell'Istituto Floriani di Vimercate; la UPF, con giocatrici di nazionalità diverse: 3 italiane, 3 egiziane, 1 americana e 1 brasiliana; il Sanda Volley, con una formazione di giovanissime under 16; e 2 squadre di giovani musulmane: una del Centro Islamico di Monza e una dei Giovani Musulmani Italiani. Divise in 2 gironi da 3 squadre, le sei formazioni in campo hanno dato vita a partite che hanno divertito il numeroso pubblico presente, ma al di la' dell'aspetto tecnico e agonistico è stato rilevante l'aspetto sociale e amichevole del torneo, dimostrando che attraverso lo sport si riesce davvero a favorire la conoscenza, l'amicizia e l'integrazione tra persone di diversa nazionalità, cultura e religione.
Questi i risultati sportivi: nella finale per il terzo e quarto posto la squadra dei Giovani Musulmani Italiani ha battuto la squadra della UPF, mentre nella finalissima, molto combattuta e tecnicamente ben giocata da entrambe le squadre, le giovanissime del Sanda Volley si sono imposte sulle ragazze della scuola Mapelli. Al termine delle partite e prima dei festeggiamenti con le premiazioni, gli esponenti delle tre associazioni promotrici e del Comune di Monza hanno espresso tutta la loro soddisfazione per il successo della manifestazione, ben visibile nella gioia e nell'allegria espressa dalle giocatrici e dagli spettatori.
Alla fine tutte le squadre sono state premiate con un trofeo, consegnati  dalla ViceSindaco Assessora Bertola e dal Consigliere Delegato allo Sport Silvano Appiani, mentre la festa finale è proseguita con la condivisione di un rinfresco a base di dolci e bibite, un'occasione per stare ancora un po' insieme a commentare le partite ma anche per scambiarsi i numeri di telefono, presupposto per incontrarsi ancora, mentre la UPF ha già programmato una serie di eventi dedicati allo sport, che proseguiranno con il convegno che si terrà martedì 29 novembre dalle 18.00 alle 20.00, presso il palazzo Urban Center di Monza, sul tema "L'etica e i valori nello sport".  Il convegno, con alcuni relatori di rilevanza nazionale ed aperto al pubblico, sarà rivolto ad allenatori, dirigenti sportivi, atleti, insegnanti ed educatori in genere.

5 novembre 2012

L'allarme dell'Onu: in Birmania aumenta la produzione di oppio

Il Paese è il secondo produttore mondiale dopo l'Afghanistan. Legato alla forte domanda di eroina dalla Cina
 
Rangoon - La coltivazione di oppio è raddoppiata negli ultimi sei anni nel Sud-est asiatico a fronte della crescente domanda di eroina in Cina e nel resto della regione, che ha spinto gli agricoltori di Birmania e Laos a piantare un numero crescente di papaveri. Stando a quanto si legge nel rapporto dell'Ufficio ONU per il controllo della Droga e la Prevenzione del Crimine, i consumatori di oppiacei in Asia Orientale e nel Pacifico rappresentano oggi circa un quarto di quelli mondiali.
 
La Cina ha da sola oltre un milione di consumatori di eroina ed è il Paese che consuma più droga nella regione. A fronte dell'aumento dei prezzi, la superficie di terra dedicata alla coltivazione di oppio è così aumentata del 66% nel Laos, toccando i 6.800 ettari, e del 17% in Birmania, che con i suoi 51.000 ettari rappresenta il secondo produttore mondiale di oppio dopo l'Afghanistan.
 
"Complessivamente, la coltivazione del papavero di oppio è raddoppiata nella regione dal 2006", si sottolinea nel rapporto, nonostante le autorità locali di Laos, Birmania e Thailandia abbiano riferito della distruzione di quasi 25.000 ettari di coltura avvenuta nel corso del 2012. L'Onu stima in 431 milioni di dollari (circa 330 milioni di euro) il valore dell'oppio prodotto nel 2012 da Laos e Birmania, pari a un terzo in più dell'anno precedente. Ed è aumentato anche il numero delle persone coinvolte nella coltivazione, pari a 38.000 in Laos e 300.000 in Birmania. (segue, fonte Afp) Secondo l'Onu, questa situazione mostra che i contadini birmani, concentrati soprattutto nello Stato Shan, nel nord-est, potrebbero abbandonare la coltura dell'oppio se venisse offerta loro un'alternativa.
 
"I contadini sono molto vulnerabili alle perdite di reddito dovute all'oppio, specialmente quelli che dipendono da tale fonte di reddito per la propria sicurezza alimentare - si legge nel rapporto - inoltre, la coltivazione dell'oppio è generalmente legata all'assenza di pace e di sicurezza, andando così a indicare la necessità di soluzioni sia politiche che economiche".
 
La Birmania ha messo a punto un piano di 15 anni per sradicare l'oppio entro il 2014, ma lo studio Onu, basato su ricerche condotte attraverso il satellite, con elicottero e sul terreno, paiono indicare che l'obiettivo non sarà raggiunto. A settembre, gli Stati Uniti hanno tenuto la Birmania, che ha avviato una serie di riforme politiche dopo decenni di regime militare, nella sua "lista nera" per traffico di droga, accusandola di aver "chiaramente fallito" nella lotta al narcotraffico.

Ripreso da TMNews | 31.10.12

3 novembre 2012

I Fondamenti della Cultura della Pace

di Giorgio Gasperoni

“Gli ostacoli alla pace sono nella mente e nel cuore degli uomini” 
di Norman Angell (1874-1967)
Premio Nobel per la pace 1933, giornalista e attivista inglese. Autore nel 1910 de La grande illusione, libro basato sull’idea che la guerra è inutile e non porta nessun vantaggio economico ai belligeranti.
Una cultura della pace non è un dominio magico che può essere convocato o dichiarato in assemblee pubbliche come le Nazioni Unite. Ha radice nelle persone con un carattere maturo e un cuore profondo. Poiché una cultura è formata dal carattere del suo popolo, una cultura della pace dipende da persone pacifiche i cui pensieri, sentimenti e azioni promuovono la pace. Le persone con un cuore profondo cercano dei modi per espandere le loro opportunità di prendersi cura degli altri. Questi individui possono estendere la cultura della pace alla famiglia, alla comunità, alla nazione e anche più in là servendo il prossimo e lavorando per il bene più grande.

Servire gli altri approfondisce la comprensione di noi stessi, aumenta la nostra capacità di amare il prossimo e ci dà la forza di contribuire al benessere della società e a una cultura della pace. Questi obiettivi di vita fondamentali – maturità del carattere, relazioni d’amore e famiglia e dare un contributo alla società -  sono la base per una cultura della pace.

Promuovere una cultura di pace

Cosa dicono i Premi Nobel per la Pace? 

di Giorgio Gasperoni
 

2001-2010: Il decennio internazionale delle Nazioni Unite per una Cultura di Pace e non violenza per i bambini del mondo.
RIGOBERTA MENCHÚ

Abbiamo la scelta d'inaugurare il nuovo millennio animati da buone intenzioni o rimanere a guardare i problemi del mondo. Non abbiamo bisogno di gente che guarda ma di gente che agisce, di persone che vogliono darsi da fare, capaci di alzare la voce quando occorre. Abbiamo bisogno di persone che si battono, in ogni circostanza, per il rispetto dei valori collettivi. Dobbiamo avere, tutti assieme, un compito comune per il nuovo millennio.

Menchù Rigoberta (1959-) - Premio Nobel per la pace 1992
Guatemalteca di etnia Quechua. Nonostante la giovane età, diventa rapidamente una figura simbolo dell'oppressione e della discriminazione in cui sono tenuti gli indios del continente americano a partire dalla conquista spagnola.

Ma qual è il ruolo delle Nazioni Unite?

2 novembre 2012

Conferenza sulla Pace interreligiosa il 5 di Novembre


PANAJI: L'Universal Peace Federation-India terrà la prima conferenza nazionale sulla pace e armonia interreligiosa il 5 di novembre 2012 all'International Centre Goa (ICG), Dona Paula.
Il Governatore Bharat Vir Wanchoo aprirà i lavori della conferenza. I relatori saranno eminenti personalità religiose di fede cristiana, Indù, Islamica e Sikh.

Articolo originale in Inglese link http://timesofindia.indiatimes.com/city/goa/Conference-on-inter-religious-peace-on-Nov-5/articleshow/17055668.cms

Verso una Cultura della Pace: a che punto siamo?

L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato l'anno 2000 Anno Internazionale della Cultura e della Pace. L'UNESCO è responsabile del coordinamento delle attività.
Un gruppo di Premi Nobel per la pace ha creato il MANIFESTO 2000, in occasione della celebrazione del 50° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani.

di Giorgio Gasperoni

Gli anni conclusivi del secondo millennio hanno testimoniato un fiorire di speranze per un futuro caratterizzato dalla cooperazione anziché dal confronto. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato l’anno 2000 come Anno Internazionale della Cultura della Pace e ha redatto un documento intitolato “Impegno del Manifesto 2000” che evidenziava sei aree di interesse:

  • Rispettare la vita e la dignità di ogni essere umano senza discriminazioni e pregiudizi. 
  • Praticare attivamente la non-violenza, rifiutando la violenza in tutte le sue forme: fisica, sessuale, psicologica, economica e sociale, in particolare verso i più indifesi e i più deboli come i bambini e gli adolescenti. 
  • Condividere le risorse di tempo e materiale con spirito di generosità per mettere fine all’esclusione, all’ingiustizia e alle oppressioni politiche ed economiche. 
  • Difendere la libertà di espressione e la diversità culturale dando sempre preferenza al dialogo e all’ascolto senza cadere nel fanatismo, nella diffamazione e nel rifiuto degli altri. 
  • Promuovere un comportamento del consumatore che sia responsabile e pratiche di sviluppo che rispettino tutte le forme di vita e preservino l’equilibrio della natura sul pianeta.  
  • Contribuire allo sviluppo della comunità con la piena partecipazione delle donne e il rispetto per i principi democratici, al fine di creare insieme nuove forme di solidarietà.
Estendendo i limiti temporali di questa iniziativa, l’Assemblea Generale ha dichiarato il periodo dal 2001 al 2010 il Decennio Internazionale per una Cultura di Pace e Non-Violenza per i Bambini del Mondo. Il Premio Nobel per la Pace nel 2001 è stato assegnato al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan.
Queste iniziative delle Nazioni Unite riflettono il desiderio di pace e di armonia tra i popoli del mondo. Tuttavia, nonostante la proclamazione dell’impegno del Manifesto 2000, 68 nazioni del mondo sono rimaste coinvolte in conflitti armati. L’anno dopo è iniziata una nuova guerra in Afghanistan dopo gli attacchi terroristici dell’undici settembre 2001 negli Stati Uniti. La proliferazione di conflitti locali, regionali, etnici e religiosi in tutto il mondo dimostra l’urgente bisogno di una transizione globale da una cultura del conflitto ad una cultura della pace.

Cultura di Pace: dove iniziare?

“Since wars begin in the minds of men, it is in the minds of men that the defenses of peace must be constructed.”  - Costituzione UNESCO

‘Poiché le guerre hanno origine nelle menti degli uomini, è nelle menti degli uomini che la difesa della pace deve essere costruita.’

di Giorgio Gasperoni

È nostra convinzione che gli ostacoli fondamentali alla pace sono interiori, o spirituali. Questi ostacoli includono pregiudizi, odio, egoismo e indifferenza, spesso derivati da secoli di tali pratiche. Gli ostacoli più visibili sono la guerra, lo sfruttamento, le disparità economiche e così via.

Comunque essi sono il risultato della nostra attitudine e modi di pensare degli uni verso gli altri. La strada della liberazione dall’egoismo e dall’odio può essere trovata nei loro opposti: l’altruismo e l’amore. Quando ci focalizziamo sul servire il prossimo, anche nemici storici possono cooperare per una causa comune. Gli ultimi anni del secondo millennio avevano acceso molte speranze per un futuro caratterizzato dalla cooperazione piuttosto che dal confronto.
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato l’anno 2000 come Anno Internazionale per una Cultura di Pace e ha pubblicato un documento intitolato “Manifesto 2000”. Tale documento mette in evidenza sei aree principali, alle quali anche noi abbiamo aderito. Esse sono:

1. Rispettare la vita

rispettare la vita e la dignità di ogni essere umano senza discriminazione ne pregiudizi

2. Rifiutare la violenza

praticare la non-violenza attiva, rifiutando la violenza in ogni sua forma: fisica, sessuale, psicologica, particolarmente verso i più deboli e vulnerabili, come i bambini e gli adolescenti.

3. Liberare la generosità

condividere il mio tempo e le mie risorse materiali coltivando la generosità per porre fine all’esclusione, all’ingiustizia e all’oppressione politica ed economica.

4. Ascoltare per comprendere

difendere la libertà d’espressione e le diversità culturali, privilegiando sempre l’ascolto e il dialogo senza cedere al fanatismo, alla maldicenza e al rifiuto degli altri.

5.  Preservare il pianeta

Promuovere un consumo responsabile e un modello di sviluppo che tenga conto dell’importanza di ogni forma di vita e preservi l’equilibrio delle risorse del pianeta.

6. Rinnovare la Solidarietà

Contribuire allo sviluppo della mia comunità, con la piena partecipazione delle donne e del rispetto dei principi democratici, per creare insieme delle nuove forme di solidarietà.

Espandendo il periodo di tempo di questa iniziativa, l’Assemblea Generale ha dichiarato il periodo che va dal 2001 al 2010 il Decennio per una Cultura di Pace e non Violenza per i Bambini del Mondo.

Nel 2001 il Premio Nobel per la Pace è stato assegnato congiuntamente alle Nazioni Unite ed al suo Segretario, Kofi Annan.
Queste iniziative delle Nazioni Unite riflettono il desiderio di Pace e armonia fra le persone del mondo. Tuttavia, anche quando la Dichiarazione del “Manifesto 2000” fu resa pubblica, 68 nazioni nel mondo erano coinvolte in conflitti armati.
Come sapete fin troppo bene, un nuovo ciclo di guerre sono iniziate dopo l’11 settembre 2001: proliferazione di conflitti locali, regionali, etnici e religiosi nel mondo, mostrano l’urgente bisogno per una transizione da una cultura di lotta ad una Cultura di Pace.
Una cultura di pace è diversa da una politica di pace. Una cultura di pace si incentra su fattori interiori che contribuiscono ad una strada di pace.
La cultura suggerisce un’attitudine, un’identità, un modo di essere. È un insieme di valori condivisi da un gruppo di persone sui quali organizzano la loro vita in comune. La cultura è collegata in modo profondo all’Etnia, alla Religione, all’Arte e alle Tradizioni. Perciò, concentrandoci su una cultura di pace ci dobbiamo confrontare più profondamente sulla nostra condizione umana.
È di grande aiuto avere dei principi che possono unirci e darci forza per il nostro sforzo per la pace. Il punto centrale di una Cultura di Pace è di vivere nel rispettare il nostro prossimo.
Una Cultura di Pace non può essere imposta dall’esterno, viene coltivata nel cuore degli operatori di pace e si espande in onde concentriche come quando un sasso viene lanciato in un lago. Inizia con la vita quotidiana di ogni individuo di buon carattere, la cultura di pace si estende in modo naturale a famiglie armoniche fino a comunità e nazioni guidate da valori e principi universali.
Il manifesto 2000 enfatizza il modello di espansione della pace che parte dall’individuo, passa alla famiglia, poi alla comunità, fino al livello Internazionale. Una Cultura di Pace necessita di tempo per crescere. Ad esempio le parole di azione nel manifesto 2000 si riferiscono al passato (difendere, preservare) al presente (rispettare, praticare, condividere, dialogare, ascoltare, contribuire, partecipare) e al futuro (sviluppare, creare).