8 dicembre 2011

L'Italia e la rivoluzione italiana: Principessa Cristina Trivulzio-Belgioioso

La Principessa Belgioioso, donna d'ingegno e di vita singolari, sussidiò le cospirazioni di Mazzini e soccorse i profughi rivoluzionari a Parigi. Scrittrice vigorosa e ammirata, accorse a Milano nel 1848 guidando un battaglione di volontari napoletani; poi, cadute tutte le speranze per la Lombardia, la vediamo a Roma curare negli ospedali i feriti difensori della repubblica.
Originalmente scritta in francese, questa storia usciva nella Revue des
Deux Mondes del 15 settembre (L'insurrection lombarde et le gouvernement provisoire de Milan) e del 1 ottobre 1848 (La Guerre de Lombardie et la capitolation de Milan) e subito era tradotta, ed edita in lingua italiana a Lugano, dalla «Tipografa della Svizzera Italiana».

Lo scritto della Belgioioso, merita di essere rivisitato come contributo alla Storia del nostro Risorgimento.

Qui vogliamo riprendere un breve estratto del suo libro: “L'Italia e la rivoluzione italiana”, Principessa Cristina Trivulzio-Belgioioso
Questo breve estratto originale fa rivivere lo spirito unitario italiano che albergava in lei e in tanti patrioti italiani

PARTE SECONDA

La guerra in Lombardia

Assedio e capitolazione di Milano

I. Ero a Napoli, quando scoppiò la rivoluzione a Milano. Non potei resistere al prepotente desiderio di rivedere i miei compatrioti e noleggiai un bastimento a vapore, che a Genova mi traducesse.
Sparsasi appena la voce di mia partenza, ben m'accorsi quanta e quanto viva simpatia avesse destata in Napoli la causa Lombarda. Volontari d'ogni ceto vennero a supplicarmi, che meco condurre li volessi su quella terra: nelle quarantotto ore, che la mia partenza precedevano, la mia casa non fu mai vuota di supplicanti novelli: quasi dieci mila napoletani volevano partire con me: il mio battello non portava che 200 persone, acconsentìì a condurre 200 volontari; la piccola colonna fu subito completa. Non s'era mai visto una popolazione sortir d'improvviso da un lungo riposo, spinta da un solo amore: da un sol pensiero animata: guidata da un solo affetto.
Fra i volontari, che dimandavano associarsi eranvi alcuni figli delle prime famiglie di Napoli: abbandonato furtivamente il paterno tetto vollero seguirmi, non portando con sè che pochi carlini: altri impiegati a modico appannaggio lasciavano senza dispiacere l'impiego, che loro assicurava la vita, per correre al campo: degli ufficiali si esponevano al castigo del disertore per portare il moschetto contro l'austriaco: moglie e figli abbandonavano i padri di famiglia, ed un giovane, che doveva ammogliarsi all'indomani, il più sacro al più caro dei doveri preferiva, a difender la patria meco partiva.
Non dimenticherò giammai il momento di mia partenza: era sereno il cielo, brillava il sole di primavera: il tempo magnifico: alle cinque della sera dovevamo imbarcarci. Quando io arrivai al vapore, il mare era coperto da leggere barchette accorse tutte per darci l'addio. Fra i tanti bastimenti ancorati nel porto avresti distinto il nostro al luccicar delle armi disposte sul ponte. Impazienti già m'attendevano i miei volontari: là, ancora suppliche e dimande: da tutte quelle piccole barche che galleggiavan d'intorno salivano voci, che erano una sol voce; ognuno dimandava, che un nome ancora fosse segnato su quella lista: non potevamo dar altra risposta che un costante rifiuto. Come il bastimento cominciò a solcar le placide onde, allora fu un solo grido: Noi vi seguiremo e ben presto. La traversata fu rapida, era calmo il mare. Trovammo in Genova accoglimento dei più cordiali.
A Milano egual gioia ci attendeva: la popolazione volle esprimerci al vivo la sua simpatia: stimò prudenza il governo provvisorio di associarsi al popolo. Dopo l'armata piemontese i miei 200 volontari arrivarono i primi in Lombardia a prender parte a quella guerra, che santa e la crociata si chiamava. Il loro arrivo da Napoli in Lombardia pareva presagio che la guerra italiana, non lombardo-piemontese soltanto, sarebbe per divenire. Quattro altre legioni partivan ben presto da Napoli per raggiungere i loro fratelli in Lombardia: la speranza divenne allora quasi certezza. Fra i membri del governo provvisorio v'ebbe chi divider non volle con noi lo stesso sentimento. Chiamata in qualche modo a rispondere delle sorti di tutti coloro che m'avevan seguita, tentai più volte interessare a loro favore quel governo provvisorio: vi ritrovai una non simulata contrarietà. Presentando la mia piccola truppa come l'avanguardia, dei 100 mila italiani che sarieno volati all'appello, ebbi a sentirmi rispondere: «Il ciel ci scampi dal soccorso di una tanta armata». Prolungare la discussione credetti inutil cosa. Eppure volontari napoletani accorrevano a difendere Treviso e Vicenza: e Venezia fra le sue acque raccoglie ancora non pochi, che per difenderla, le belle rive di Sorrento e le selvaggie rocce della Calabria abbandonarono.
Arrivai in Milano otto giorni dopo la cacciata degli Austriaci, le barricate ingombravano ancora le vie: per la prima volta io vidi il tricolore sventolar sulle terre della capitale Lombarda. Tutto mi diceva, che l'entusiasmo v'era ancor vivissimo: ben presto mi convinsi della incapacità di coloro, che s'eran presi a governare un paese di cui non ne comprendevano la condizione.

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