8 dicembre 2011

Le donne del Risorgimento

Katia Trinca Colonel

Hanno contribuito con coraggio e abnegazione alla causa della libertà, ma i libri di storia le hanno ignorate. Le donne, nel Risorgimento, sono state un appoggio costante e fondamentale dei compagni che davano la vita sulle barricate, eppure, salvo rare eccezioni, poche antologie ne danno testimonianza.
È interessante notare come l’emancipazione della donna, alle soglie dei moti indipendentisti, sia passata attraverso l’esperienza dell’associazionismo: trovarsi insieme, condividere idee, progetti, ideali. In questo senso il salotto diventa lo strumento di apertura per eccellenza. E chi, meglio della donna, è in grado di gestirne le dinamiche? Parliamo ovviamente di personaggi dell’aristocrazia e dell’alta borghesia, il cui livello culturale consentiva di concretizzare l’impegno sociale e civile. Numerose nobildonne aprono le loro case a letterati, patrioti e artisti favorendo così la diffusione delle idee risorgimentali. Sono convinte che la guerra non basti, che sia necessario stimolare l’educazione e la formazione. Non a caso, tante di queste filantrope hanno fondato ospedali, assistito minorenni, hanno aperto asili e scuole. Eppure a entrare fuggevolmente nei libri di scuola, sono solo Anita Garibaldi o Giulia Beccaria, perché compagne di eroi. Eppure in tante si spendono in modo attivo per la causa. Nel salotto di via Bigli a Milano, per esempio, la contessa Maffei riunisce letterati e patrioti. Intorno al 1820 la pittrice Bianca Milesi (definita dal Manzoni “madre della patria”), diventa, attraverso la rivista “Il Conciliatore”, una delle voci di dissenso politico più forti e coraggiose. Allieva di Hayez è stata inoltre la ritrattista di molti dei protagonisti del Risorgimento. E come non citare la coltissima Cristina Trivulzio di Belgioioso, finanziatrice della Carboneria che, una volta raggiunta l’Unità, s’impegna nella fondazione di asili? A Napoli, nel 1857, nasce il “Comitato politico mazziniano femminile” di cui si occupa Antonietta De Pace che si impegnerà, dopo il 1860, nella formazione dei giovani e nell’istruzione delle donne.
Spesso le donne sono costrette a operare nell’ombra, sotto mentite spoglie, o assumendo un’identità maschile. Ma il loro contributo non è meno decisivo di quegli uomini che combattono in prima linea.

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