2 febbraio 2011

La rivista Il Muslim è arrivata al suo terzo anno di vita e ne approfittiamo per rivolgere alcune domande al suo direttore Ibrahim Chabani.

La rivista islamica italiana "Il Muslim" al suo terzo anno: tra dedizione, entusiasmo ed equilibrio.

Di Carlo Chierico.
Ci troviamo nella sede del Centro Culturale Islamico di Monza, dove si respira un'atmosfera “spirituale” molto piacevole, da vero centro di culto e meditazione, anche se oramai sta diventando insufficiente per accogliere i fedeli, soprattutto quando arrivano numerosi come per la preghiera del venerdì.
Incontriamo il direttore della rivista insieme a Fouad Selim, responsabile del Centro Islamico e al dottor Beaudee Zawmin, esponente dell'opposizione democratica birmana in visita nel nostro Paese.
Ibrahim Chabani, di origini algerine, laureato in Teologia Islamica presso l'Università di Algeri, è arrivato in Italia nel 1992 e si esprime in un italiano davvero perfetto. Sposato e padre di 3 figli, spesso in viaggio, divide il suo impegno extra-lavorativo tra le comunità islamiche di Milano, Monza e Sesto San Giovanni.
Come nasce l'idea di dar vita a una rivista islamica in lingua italiana come Il Muslim?
Io non sono un giornalista professionista – sarebbe troppo impegnativo! - ma un giornalista amatoriale. Ho lanciato questo progetto della rivista in ritardo, perché in Italia ci sono oltre un milione e mezzo di musulmani che non hanno un loro mezzo di comunicazione a disposizione per far conoscere la loro cultura, la loro realtà, le loro aspirazioni e i loro progetti. E questo non è normale. O meglio, solo in parte è normale perché la comunità musulmana in Italia è recente, la maggior parte è arrivata circa 20 anni fa, con il boom dovuto alla Legge Martelli sull'immigrazione. Prima c'erano solo pochi studenti.
Quindi la comunità islamica in Italia è molto giovane?
Io la definisco bambina. E' una comunità che ancora non sa neanche comunicare, che deve imparare a pronunciare le prime parole e Il Muslim rappresenta questo tentativo. Noi speriamo che le parole pronunciate dalla nostra comunità attraverso questo mezzo siano parole utili.
Quando è nata la rivista?
Abbiamo cominciato a pubblicare Il Muslim durante il Ramadan del 2009. Abbiamo scelto il mese di Ramadan proprio perché è il mese sacro, il mese in cui il Corano è sceso sul Profeta Mohammad (pace e benedizioni siano su di Lui). Essendo anche le nostre delle “prime parole”, speriamo che questo strumento possa essere benedetto.
Quante persone collaborano con la sua redazione?
Abbiamo cinque persone fisse e altre che ruotano. Ci troviamo a Milano perché è qui che si trova il 70% dei media italiani e dove si trova la comunità più avanzata in termini di percorso e di progetti.
Qual è la reazione delle comunità musulmane al vostro prodotto editoriale?
Ho iniziato questa rivista ma non mi aspettavo una reazione del genere, estremamente positiva. Ad un certo punto mi volevo fermare perché sono una persona che inizia i progetti e poi li dà ad altri, perché mi sono reso conto che era una sfida più grande di me. La rivista è stata accolta come un neonato, con grande affetto e amore, come se fosse attesa da anni.
Quante copie vendete e quali sono i vostri canali di distribuzione?
Ultimamente vendiamo circa 3000 copie per ogni edizione; la distribuzione avviene attraverso le moschee e i centri culturali, non siamo in vendita presso le edicole.
Quali sono le maggiori difficoltà che avete incontrato e che incontrate tutt'ora?
Innanzitutto la questione del finanziamento. Poi, direi, la distribuzione e infine il fatto che non arriviamo a tutta la comunità. Qualsiasi gruppo o associazione cerca di far conoscere la cultura islamica in generale, il che è buono ma rappresenta anche un problema perché essere aperti verso tutti è difficile. Noi non rappresentiamo la maggioranza o l'opposizione, né un gruppo o delle tendenze. Siamo aperti verso tutti: abbiamo una linea responsabile, equilibrata e coraggiosa.
Cosa intende dire e cosa significa questo nel concreto?
Nel concreto, significa, che non sosteniamo né gruppi di destra né di sinistra e che non diamo spazio a chi parla contro qualcun altro. Se mi arrivano articoli del genere, anche se da persone che sono punti di riferimento della nostra comunità, non li pubblico, anche se è una scelta difficile. Vogliamo discutere solo le cose e gli eventi in sé. Questo è un percorso lungo e difficoltoso ma nella mia vita ho imparato ad avere pazienza perché ogni mia attività non è per me ma per il mio Signore. Io sto investendo per l'aldilà, non mi aspetto niente in questa vita.
Qual è la parola chiave de Il Muslim?
Direi che è l'equilibrio. Nel Corano c'è una sura intitolata “Il Misericordioso” dove leggiamo: “Il Misericordioso ha insegnato il Corano. Egli ha creato l'uomo; gli ha insegnato ad esprimersi. Il sole e la luna secondo un calcolo. L'albero e tutto ciò che cresce si prostreranno. Egli ha innalzato il cielo. Ha istituito la bilancia”.
Senza bilancia tutto cade. L'equilibrio è la spina dorsale della religione. Non bisogna pensare solo a questa vita né solo all'aldilà. Tutto sta nel mezzo.
Come vede la situazione dell'Islam nel campo della comunicazione italiana?
Ci sono delle realtà che si stanno muovendo, soprattutto in alcuni piccoli gruppi - come ad esempio la comunità marocchina, egiziana e tunisina - e comunità spirituali. Ma si tratta di realtà a livello provinciale o comunale. Di realtà come il Muslim, che è un mezzo di comunicazione che crede di parlare a nome di tutta la comunità islamica italiana e per tutta la società, non ce ne sono. Parlare a nome non vuol dire però rappresentare la comunità, non è quello il nostro ruolo. Noi descriviamo la sua realtà, chiediamo diritti e incitiamo a compiere i doveri.
E' quindi possibile parlare a nome di tutta la comunità islamica italiana?
La gente ci conosce, sa che siamo sinceri, che serviamo la comunità e che non siamo ipocriti. Abbiamo sempre messo a disposizione della comunità il nostro sacrificio e non abbiamo mai preso niente. Inoltre le persone si riconoscono nella nostra linea.
Come vede il futuro de Il Muslim?
Una volta che un neonato, come Il Muslim, nasce, bisogna dargli un nome e farlo cominciare a parlare. Dai 4 ai 10 anni sono i genitori che fanno il lavoro dando una linea al bambino. Ma poi è lui durante l'adolescenza e la gioventù che sceglie la sua identità. Quando hai a che fare con il Signore serve per prima cosa la sincerità. Solo così arriverai, prima o poi. E se non sarai tu ad arrivare, sarà il tuo bambino.

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