28 novembre 2009

Lo Stato sociale è veramente al servizio della famiglia?

Lo Stato sociale è veramente al servizio della famiglia?

di Felice Previte

In senso riduttivo Welfare State è sinonimo di assistenza, interventi, aiuti di vario genere da parte dello Stato o dell’Ente Pubblico, “politiche”, oggi, che sono più che mai in crisi nel nostro Paese.
Alla legge finanziaria 2010 il Governo non può vantare di aver realizzato un “qualche cosa” in aiuto alla fragilità dell’uomo d’oggi, il quale soffre di disagio psichico.
Non facciamo politica e non siamo contro qualsiasi Governo! Solo evidenziamo emergenze.!
Continuano i periodi bui dettati dal completo disinteressamento verso questa “problematica sociale”, per il mancato ricorso a risorse tese e rese disponibili per il loro indirizzo alle necessità emergenti.
Fin dall’ultima Finanziaria 2009 indetta al traguardo del risanamento dei conti pubblici non era presumibile aspettarsi periodi buoni in favore della situazione in cui “vivono” i malati colpiti nella psiche, il disagio nelle loro famiglie e le evidenti ripercussioni nella società, perché altri capitoli di spesa incombono nel basculante Bilancio dello Stato.
L’amaro in bocca pervade, peraltro, date le misere provvidenze economiche per i disabili.
E così invece di porre in essere quei mezzi finanziari atti a provvedere strutture alternative di accoglienza di questi malati, pensare al fatidico “dopodinoi” , considerare le necessità economiche delle famiglie dove insiste un sofferente psico-fisico che “sopravvive” con 253,13 euro mensili, ci si preoccupa, per esempio, di esaminare se aumentare i patetici 274.000 euro annuali ai manager dello Stato od altro!
Ma non è vergognoso tutto questo.?
Tante, troppe volte le famiglie di questi sofferenti si sono chieste quali siano le ragioni della mancata visione delle conseguenze che apporta questa patologia anche nella società.
Nessuno si è fatto carico di promuovere iniziative in favore dei “malati”.
Nessuna voce si è alzata davanti a scelte sbagliate.
Nessuno di fronte alla destituzionalizzazione del “manicomio” ha proposto un approccio al problema della tutela dei pazienti e dei loro familiari con scelte appropriate.
Solo parole, parole, parole!
La prima scelta che si doveva operare è di valore antropologico che fa riferimento ai valori dell’umanesimo cristiano e dell’etica civile.
La seconda scelta riguarda la programmazione della salute mentale.
La terza fa riferimento al contesto socio-legislativo per neutralizzare i disagi che gli utenti e le loro famiglie incontrano nel quotidiano vivere.
Queste scelte fanno riferimento ad ambiti della salute fisica, del benessere psicologico e relazionale, della vita sociale chiamando in causa specifiche competenze quali psicologi, sessuologi, legislatori.
Molto poco è successo !
La famiglia, specie quella che ha sofferenti psico-fisici, in questo contesto storico ed in questa Finanziaria 2010 invece di essere “difesa” solo con “pannicelli”, ha il grave problema, fra altri, in evidente emergenza quella della ormai “seconda settimana” ed è letteralmente aggredita a livello culturale da una visione astratta, materialistica e consumistica. Questi sono i veri poveri!
L’esperienza quotidiana presenta un periodo, speriamo temporaneo, arduo e precario, una emergenza, una grande difficoltà in una società che fa del relativismo il proprio credo, quel relativismo che è diventato una sorta di dogma che non riconosce le necessità dell’uomo e si indirizza, piuttosto, verso una cultura di delirio verso gli animali domestici, verso i quali nutriamo un rigoroso rispetto, ma che non costituisce una moralità che supera anche il centralismo dell’uomo!
Una “storia” che dura da ben 31 anni, a tratti ironica a tratti drammatica, ma che manifesta l’urgenza del “problema.”

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